The Museum of Enrico Casu

By Marta Gelli (University of Florence)

The Villa Bellosguardo, surrounded by its grand terraced park, dominates the part of the valley in Lastra a Signa where the Arno River passes through with a view that spans from Florence to Prato and Pistoia. The beauty of this panorama is implicit in the name of the location, as Bellosguardo literally translates to “beautiful sight.” It is no surprise then that, in 1906, the world famous singer, Enrico Caruso, chose this strategically placed late 15th century villa as a residence for himself and his family until 1921, when the great voice passed away. His memory has been (and still is) honored by this museum, situated on the second floor of the right-hand building, a place not only reserved for the lovers of lyrics, as anyone who decides to visit will leave satisfied and with a greater understanding. This is thanks to the use of video devices, but especially audio, along with various exhibited materials presented with interesting concepts.

The visit does not take too much time: this is clear from the beginning, when one receives the audio guide – with various languages and included in the ticket – and a map of the museum indicating the path and points of interest with corresponding audio recordings. Already from the grand staircase, one begins to know (or recognize) the artist, as his tenor voice sets the essential background for this space, brought to life by his opera pieces. Upon arriving at the top, into the initial exhibition area, one finds oneself in front of a large bust of the singer and the sense of sight, with the auditory sense, is especially stimulated by black and white film clips from the time projected on the wall.

After this prologue, the visitor moves rather intuitively from the corridor to the various rooms of the home, each of which illustrate a specific theme, from the history of Caruso and his loved ones, told by postcards and photos, to relationships with his colleagues… Surely interesting, but not as much so as his bedroom. It has been refurnished as it was until 1921, with all the original pieces of furniture and ornaments that were possible to reacquire after all his possessions were sold at auction in the years following his death. The other room that is “out of the ordinary” is the one on international theaters, which displays photographs, advertisement posters, and news articles in cases along the walls; however, this space is more intimate, with dim lighting, backlit labels, and an interactive geographical map in the center of the room. This tool highlights the cities in which Caruso performed and the visitor is invited to touch the name of these, so as to turn on a spotlight focusing on the corresponding display, from Buenos Aires to Warsaw to Paris. A wonderful idea, but what a pity that the device does not work. Moreover, the absence of an attendant who could provide further explanation makes it so that the evidence of his tours remains in the dark, in every sense.

All the while, the voice of Caruso continues to resonate softly through the rooms and accompany the visitor passing by the instruments – the first vinyl discs, phonographs, and gramophones – thanks to which we can still hear his songs. At a certain point, one may begin to ask where this music is coming from, from which direction, from which speaker: the answer to this is clear upon entering the final room, decidedly the most successful. The relatively large “Room of Music” is still dimly lit, but each of its cases is clearly illuminated, whether found in the center of the room or along the walls. The former shows two beautiful costumes that Enrico Caruso wore while he was on stage in addition to his first phonograph; the latter presents playbills, news articles, posters, and the inevitable photographs from his main performances, arranged opera by opera. Here, invisible at first sight, but actually hidden behind some panels, one finds (finally!) the speakers that, one after the other, play refrains of these pieces also described by visual materials. First, from the right, “Ora e per Sempre Addio” from Othello by Verdi, then, from the other corner of the room, “Apri la Tua Finestra” from Iris by Mascagni, and so on, until the visitor is completely surrounded by music. For those who are not familiar with these operas, an efficient solution has been found. Directly in front of the entrance is a screen indicating both the title of the song currently playing, and the location of the speaker with its corresponding display case. In this way, it is easier to navigate through such an evocative space.

In conclusion, music is everywhere. One hears it pleasantly in the background, one sees it through the instruments and, cleverly, it is reminiscent also in the stands that hold the text panels (in English and Italian) correctly placed at the entrance to each room – in fact, they are actual music stands. Is it a coincidence that one leaves the Museum of Enrico Caruso smiling and humming the tune “Celeste Aida”?

Museum of Enrico Caruso – Villa Bellosguardo

Via di Bellosguardo, 54 in Lastra a Signa (Florence)

Hours:

Wednesday and Thursday, from 10am to 1pm

Friday, Saturday, and Sunday, from 10am to 1pm and 3pm to 6pm

Tickets: 5 euros with a reduced rate of 4 euros

For more information, visit http://www.museoenricocaruso.it

 

Museo Enrico Caruso

di Marta Gelli (Università di Firenze)

Villa Bellosguardo, circondata dal suo grande parco a terrazzamenti, domina la valle del corso dell’Arno a Lastra a Signa, con una vista che spazia da Firenze fino a Prato e Pistoia: un panorama la cui bellezza è implicita nel nome di questo luogo. Niente di cui stupirsi, quindi, se nel 1906 il tenore di fama mondiale Enrico Caruso decise di scegliere questa villa tardo-cinquecentesca dalla posizione strategica come residenza per sé e per la sua famiglia fino al 1921, quando la grande voce si spense. La sua memoria negli ultimi anni è stata (ed è ancora) tributata dal museo che gli è dedicato, situato proprio al primo piano della palazzina di destra, un luogo solo all’apparenza riservato agli appassionati di lirica, giacché chiunque decida di visitarlo ne potrà uscire soddisfatto e istruito. Tutto questo grazie all’uso di dispositivi video, ma soprattutto audio, accanto ai materiali di vario genere lì esposti con spunti allestitivi piuttosto interessanti.

La visita non prende troppo tempo: lo si capisce sin da quando, alla biglietteria a piano terra, assieme all’audioguida – in varie lingue e inclusa nel prezzo – viene consegnata al visitatore una piantina del museo con l’indicazione del percorso e con i punti di interesse associati alle registrazioni. Già dalla doppia rampa di scale si comincia a conoscere (o ri-conoscere) l’artista: la sua voce da tenore costituisce il sottofondo imprescindibile per questo ambiente, costantemente animato da brani di opere che lo videro in scena. Ma basta giungere in cima e, quindi, al primo spazio espositivo, per trovarsi davanti a un grande busto che lo ritrae, e il senso della vista, insieme a quello dell’udito, è sollecitato ancora di più da spezzoni di filmati dell’epoca in bianco e nero proiettati su una parete.

Dopo questo prologo il percorso si sviluppa piuttosto intuitivamente dal corridoio alle varie stanze dell’abitazione, ognuna delle quali vuole illustrare una tematica precisa: dalla storia di Caruso ed i suoi cari raccontata attraverso cartoline e foto d’epoca, ai rapporti con i colleghi… Interessanti, certo, ma più di queste lo è la camera da letto che è stata riallestita e arredata così com’era fino al 1921, con gli stessi mobili e ornamenti che è stato possibile riacquistare dopo che tutto ciò che arredava l’abitazione era stato venduto all’asta anni dopo la morte del tenore. Un’altra sala “diversa dal solito” è quella sui teatri internazionali, che espone in vetrine lungo le pareti ancora fotografie, locandine o articoli di giornale, ma stavolta l’ambiente è intimo, la luce è soffusa, i cartellini sono retroilluminati, e al centro è posta una carta geografica che evidenzia le città in cui Caruso andò in scena: il visitatore è invitato a sfiorare con un dito il nome di una di esse per far accendere ulteriori faretti puntati sulla teca apposita per meglio illuminarla, da Buenos Aires, a Varsavia, a Parigi. Un’idea davvero buona, peccato che questo dispositivo non funzioni. Per di più, l’assenza di personale di sala a cui poter chiedere spiegazioni fa sì che le testimonianze delle sue tournées restino un po’ all’oscuro, in tutti i sensi.

Nel frattempo la voce di Caruso continua a risuonare dolcemente per le sale e ad accompagnare il visitatore che passa in rassegna gli strumenti grazie ai quali essa oggi ci è restituita: i primi dischi in vinile, i fonografi e i grammofoni. Ma a un certo punto ci si potrebbe domandare da dove provengano questi suoni, da quale dispositivo, da quale altoparlante: e la risposta al quesito è chiara entrando nell’ultima stanza, decisamente la più riuscita. La grande “Sala della musica” resta in penombra, ma ogni sua vetrina è chiaramente illuminata, che si tratti delle teche al centro o di quelle disposte sulle pareti. Le prime mostrano due bei costumi che Enrico Caruso indossò mentre calcava il palcoscenico, oltre al suo primo fonografo; le altre espongono libretti, articoli, locandine, e le immancabili fotografie, accostate opera per opera, tra le principali a cui prese parte. Proprio qui, invisibili a prima vista ma in realtà nascosti dietro ad alcuni pannelli, si trovano (finalmente!) gli altoparlanti che uno dopo l’altro si attivano per proporre un brano di quelle pièces solo apparentemente descritte da materiali visivi: prima, da destra, “Ora e per sempre addio” dall’Otello di Verdi, poi, dall’altro lato della stanza, “Apri la tua finestra” da Iris di Mascagni, e così via finché il visitatore non si sentirà completamente avvolto dalla musica. Per chi è del tutto digiuno di lirica è stata adottata comunque una soluzione efficace, che consiste nell’aver posto proprio davanti alla porta d’ingresso uno schermo che indica, oltre al titolo del brano che si ascolta in quel momento, anche la collocazione dell’altoparlante e, quindi, della vetrina corrispondente. In questo modo sarà più facile destreggiarsi all’interno di questo ambiente così suggestivo.

In conclusione, la musica è dappertutto. La si ascolta piacevolmente in sottofondo, la si vede attraverso gli strumenti con cui è restituita, e all’ambito musicale rimandano, scelta azzeccata, i supporti che reggono i pannelli esplicativi (in italiano e inglese) correttamente posti all’ingresso di ogni stanza: si tratta infatti di leggii. Sarà un caso uscire dal Museo Enrico Caruso sorridendo e canticchiando “Celeste Aida”?

Museo Enrico Caruso – Villa Bellosguardo

Via di Bellosguardo 54, Lastra a Signa (Firenze)

Orari:

mercoledì e giovedì, 10.00-13.00;

venerdì, sabato e domenica: 10.00-13.00 e 15.00-18.00.

Ingresso:

intero 5 euro; ridotto 4 euro.

Maggiori informazioni sul sito: http://www.museoenricocaruso.it