Museo Marino Marini

By Kassaundra Porres (Lorenzo de’ Medici)

Situated in Florence’s city center, the Marino Marini Museum can be found in the shell of the former church of San Pancrazio. The museum’s permanent collection holds 180 pieces by Italian modern artist Marino Marini. Marini primarily worked in sculpture, but his paintings and etchings also adorn the walls and the viewing cabinets of the space. Although not in the direct path of the city’s main tourist attractions, it is certainly worth a trip, especially to take a break from the Renaissance ambiance that surrounds Florence.

Upon entering the building, the majority of the ground floor is visible, inviting visitors to wander around the various sculptures that are placed in the atrium. No supplemental reading materials or floor plans are provided at the entrance, but navigation of the first floor seems easy enough without them, as Marini’s towering sculpture,Equestrian Monument, guides visitors towards it at the other end of the room.

On the first floor, it becomes apparent that Marini was interested in, and worked with, a general concept when creating his pieces. The works appear similar in style and certain figures are repeated various times. However, the descriptions that accompany each piece serve well to help differentiate one from another and to allow the viewer to understand the time period that Marini was working in. Each label is a small wooden block placed on either the base of a piece or the wall next to it. The texts state the name of the work, the dates between which it was created, and the medium, in both Italian and English. These wooden pieces do well to not take attention away from the works themselves and are a creative way to work with what is being represented.

Making one’s way to the second floor creates a bit of confusion, as the exact path to follow is not clear. There are multiple staircases that lead to the upper level, but instruction as to which direction to take is not available. Although it was the museum’s intention to allow the viewer to choose his or her own path around the space, the lack of any formal guidance or signage only complicates the layout. The doubtful ascension up the stairs creates the feels that  patrons are not meant to enter them.   

Despite the uncertain climb, once atop, it is clear that the area houses the works well. A group of sculptures in the center of the room are displayed on a circular pedestal, allowing the pieces to work both as a unit and individually. The paintings that hang on the walls compliment the bronze and plaster of the other works well. The wooden labels that were found on the first floor are continued upstairs, tying the two levels and time periods together.

In the corner of the room, there is small staircase to an upper loft area where various sketches are held. Situated directly opposite a window, the sketches, which are all copies of the originals (as noted by a sign when entering the second floor), are illuminated by natural light. The soft daylight is optimal for viewing the pieces in the mornings and afternoons, but the choice in lighting begs the question as to what the conditions would be like in the evening, particularly during winter. There does not seem to be enough artificial light for the pieces to be viewed properly in the later hours.

The second floor makes a loop around the main atrium and eventually leads to staircases for exiting. Since there are two means of arriving to this level, there are two to leave it. Descending down the flight of stairs on the right simply leads one back to the first floor; however, when traveling down to the left, there is an option to go further down another flight of stairs that leads to the temporary exhibition space. It is only when proceeding down these steps that any information is given on the current show. The exhibition is not advertised when entering the main lobby, nor is it anywhere else within the walls of the museum. The only details given on the show are supplied on the large opening text panel at the landing of the stairs and on a small sheet handed to visitors upon stepping into the lower floor. Unfortunately, both texts are in Italian only, which excludes those who do not read the language still more, even if they manage to find their way to the space.

Overall, the Marino Marini Museum and the quality and character of the work held in it are worthy of a visit. It is advantageous, however, to be aware of the navigational issues that might occur. Nonetheless, the architecture and frescoes recalling the church that these walls once hosted are juxtaposed well with the twentieth-century pieces that now occupy the space, bringing a part of the modern art world to the Renaissance haven that is Florence, Italy.

 

 

Museo Marino Marini

di Kassaundra Porres (Lorenzo de’ Medici)

Situato nel centro di Firenze, il Museo Marino Marini è collocato all’interno del guscio dell’antica chiesa di San Pancrazio. La collezione permanente del museo conta 180 pezzi dell’artista contemporaneo Marino Marini, che ha lavorato principalmente nell’ambito della scultura, ma del quale sono esposte pitture e incisioni che adornano le pareti e le nicchie ricavate nello spazio del museo. Sebbene non si trovi nel classico percorso che riguarda le principali attrazioni turistiche della città, certamente merita una visita, specialmente per prendersi una pausa dall’atmosfera rinascimentale che avvolge Firenze.

Subito entrando nell’edificio, la maggior parte del piano terra è visibile, invitando così i visitatori a girovagare attorno alle varie sculture che sono poste nell’atrio. Non ci sono materiali di lettura supplementari o piantine all’ingresso, ma anche senza questi, navigare per il piano terra sembra abbastanza facile, perché l’imponente scultura Monumento Equestre di Marini guida i visitatori verso l’altra estremità dell’ambiente.

Qui, al livello terreno, risulta evidente che Marini era interessato a – e ha lavorato con – un concetto generale nel creare i suoi pezzi. Le opere appaiono simili per stile e certe figure vengono ripetute varie volte. Comunque, le descrizioni che accompagnano ogni oggetto artistico aiutano bene a differenziare le une dalle altre e permettono al visitatore di capire il periodo storico in cui Marini lavorava. Ogni cartellino è costituito da un piccolo blocco di legno collocato sulla base del pezzo o sulla parete accanto a esso, con i testi che riportano il nome dell’opera, le date entro le quali fu creata, e il materiale, sia in italiano che in inglese. Questi pezzetti lignei non attirano troppo l’attenzione a discapito delle opere stesse e rappresentano una maniera creativa per lavorare con ciò che è esposto.

Raggiungere il primo piano crea un po’ di confusione, poiché non è chiaro quale sia l’esatto percorso da seguire: più rampe di scale conducono al livello superiore, ma non sono presenti istruzioni sulla direzione da prendere. Sebbene fosse intenzione del museo consentire al visitatore di poter scegliere il proprio percorso all’interno dello spazio, la carenza di qualsiasi indicazione o segnale finisce per complicare l’allestimento. Una ascensione così incerta per le scale fa sentire il pubblico quasi sgradito, come se non lo si volesse far entrare per davvero.

Nonostante la salita ambigua, una volta in cima è chiaro che questa area ospita al meglio le opere. Alcune sculture al centro della sala sono esposte su un basamento circolare, permettendo ai pezzi di essere ammirati sia come gruppo, sia nella loro singolarità. I dipinti appesi alle pareti sono un bel complemento al bronzo e al gesso di cui sono composte le altre opere. I cartellini di legno che si trovavano al piano terra si riscontrano anche qui, collegando così i due livelli come anche i periodi di tempo.

Nell’angolo della stanza è situata una piccola scala che conduce a un attico, il quale espone vari bozzetti, tutti copie di originali (come viene fatto notare da un’indicazione appena raggiunto il primo piano), posizionati sul lato opposto di una finestra in modo da ricevere illuminazione naturale. La luce solare, morbida, è ottimale per l’osservazione dei pezzi al mattino e nel pomeriggio, ma questa scelta spinge a domandarsi quanta luminosità sia offerta, qui, alla sera e, particolarmente, in inverno: non sembra esserci abbastanza luce artificiale perché i pezzi possano essere visti appropriatamente nelle ore più tarde.

Al primo piano è possibile compiere un giro attorno all’atrio principale e infine si è diretti verso scale per l’uscita; siccome esistono due modi per raggiungere tale livello, ve ne sono anche due per lasciarlo. Scendere lungo la rampa sulla destra porta semplicemente il visitatore di nuovo al piano terra, mentre scegliendo l’altra a sinistra c’è la possibilità di proseguire giù fino a un altro piano, dedicato alle esposizioni temporanee. Soltanto allora, procedendo per quegli scalini, viene data qualche informazione sulla mostra in corso, poiché essa non è pubblicizzata né all’ingresso principale, né altrove lungo le pareti dell’intero museo. Le poche annotazioni offerte riguardo all’esposizione sono compensate dal testo riportato sul grande pannello introduttivo, in cui ci si imbatte sul pianerottolo delle scale, e da un foglietto distribuito ai visitatori non appena arrivano al livello inferiore. Sfortunatamente, entrambi sono solamente in italiano, cosa che esclude coloro i quali non riescono a leggere la lingua, ancor più dopo aver faticato per trovare il percorso verso questo ambiente.

Tutto sommato il Museo Marino Marini, per la qualità e il carattere delle opere qui conservate, è meritevole di una visita, anche se è utile essere consapevoli dei “problemi di navigazione” che potrebbero verificarsi. Ciò nonostante, l’architettura e i frammenti di affresco che rimandano all’antichità della chiesa dialogano bene con le opere del XX secolo che adesso occupano lo spazio, portando una parte del mondo dell’arte contemporanea nel paradiso del Rinascimento che è Firenze.