Inevitable Figuration at the Pecci Museum in Prato

By Maria Rosa Ventimiglia (University of Florence)

Inevitable Figuration is the title of the exhibition which, until July 8, will be hosted at the Luigi Pecci Center for Contemporary Art. It is an emblematic title, which immediately brings us to the question that the curators themselves, Marco Bazzini and Davide Ferri, have posed in conceiving the show: in what ways do paintings today tackle representation? The exhibit proposes to investigate the role of painting after 2000, a theme which, until today, has not been confronted in an Italian exhibition. Here, it is presented through the work of eighteen American and Italian artists, all born after 1960. The show reflects an idea of “informative” exposition, a concept that greatly involves the viewer in its approach and is truly innovative for an exhibition in Italy.

The show begins with an introductory room, or antechamber, a space fully dedicated to understanding the exhibit. Two emblematic works that immerse visitors in the concepts and ideas developed by the curators are displayed on opposite sides of the room: Le Sommet du Regard by René Magritte and Eclisse by Giulio Paolini. These two artists are separated not only by a distance of years but also of style, and are juxtaposed in this way to shed light on the theme of the exhibit and to reveal different ways to investigate how reality is represented in painting.

Magritte works with the excess of representation, while Paolini prefers the extreme simplification of representation, reducing the painting to an empty mounting. The antechamber, a genius curatorial choice, permits us to effectively follow the analysis of the successive works, their common thread being the mediums used by artists that investigate everyday reality such as canvas, mountings, and colors. In addition, the first works by Magritte and Paolini are perfectly connected with the work presented at the end of the show, so as to highlight this cyclical work which concludes our cognitive journey in the same way that it began. Luca Bertolo’sIl ritiro delle truppe USA dall’Afghanistan (the return of US troops from Afghanistan) from 2013 is the only work created specifically for the exhibit. Bertolo investigates a reality which is not yet concrete, indeed representing not an event but the back of a canvas that has yet to be painted.

The entire display encourages dialogues about similarities and differences, made clear through the rooms differentiated by genres such as portraiture or still lives. Each area displays explanatory panels in both Italian and English that discuss how it is possible to reinvent the strategies of representing reality, radicalizing it in abstraction or in excessive narration. However, one cannot deny that some additional texts could be useful to clarify the complexity of the argument, especially for those visitors who are not familiar with such works or concepts. Even though the space is focused and easy to navigate, the only downside to the display is the lack of chairs or benches to allow viewers to comfortably reflect on the works.

In conclusion, the exhibition offers a great opportunity to understand painting of today, which often seems to be forgotten but still exists, and which, in this show, lives up to its potential. Furthermore, I heartily invite viewers to also visit the other two exhibits at the Pecci Museum, no less important or interesting, such as Reflected Zones, displaying the works of Paolo Scheggi, and the exhibition on books by the architect Ettore Sottsass.

It is possible to visit the exhibits every day except Tuesdays, from 10:00 am to 7:00 pm.

Starting June 5: every day, except Tuesdays, from 4:00 pm to 11:00 pm.

 

 

La Figurazione Inevitabile al Museo Pecci di Prato

di Maria Rosa Ventimiglia (Università di Firenze)

La Figurazione Inevitabile è il titolo della mostra che fino all’8 luglio verrà ospitata all’interno del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato. Titolo emblematico, che ci riporta immediatamente alla domanda che gli stessi curatori, Marco Bazzini e Davide Ferri, si sono posti per l’ideazione della mostra: in che modo la pittura oggi affronta la rappresentazione?

L’esposizione, infatti, si propone di indagare il ruolo della pittura dopo il Duemila, tematica che fino ad oggi non era stata ancora affrontata in una mostra italiana e che qui viene presentata tramite l’analisi di diciotto artisti tra americani e italiani, tutti nati dopo gli anni Sessanta. La mostra rispecchia un’idea di esposizione dal carattere “informativo” che coinvolge molto lo spettatore, soprattutto per l’impostazione assolutamente innovativa per l’Italia.

Il percorso si apre con una stanza introduttiva che prende il nome di anticamera, una sala interamente dedicata alla comprensione della mostra, la quale viene spiegata attraverso l’esposizione di due opere emblematiche capaci di immetterci all’interno della riflessione sviluppata dagli stessi curatori. In due parti opposte della sala vengono esibiti soltanto due lavori: Le sommet du regard di René Magritte e Eclisse di Giulio Paolini. Due artisti stilisticamente lontani e che lavorano a distanza di anni, messi a confronto per far luce non solo sulla tematica presente in mostra, ma anche per svelare i diversi modi di indagare la realtà rappresentata in pittura: Magritte attraverso l’eccesso della rappresentazione e Paolini mediante l’estrema riduzione della rappresentazione, che riduce il quadro ad un solo telaio vuoto.

L’anticamera, geniale intuizione curatoriale, ci permette di seguire efficacemente l’analisi delle successive opere, il cui filo conduttore sono proprio i mezzi con i quali l’artista indaga ogni giorno la realtà, quindi tele, telai e colori. Inoltre, i lavori iniziali di Magritte e Paolini si legano perfettamente all’ultima opera presente alla fine del percorso, come ad evidenziare un evento ciclico che conclude il nostro viaggio conoscitivo nello stesso modo in cui era cominciato.

L’opera di Luca Bertolo Il ritiro delle truppe USA dall’Afghanistan del 2013 è l’unica realizzata appositamente per la mostra. Qui Bertolo indaga una realtà ancora non concretizzata, che lo porta a non raffigurare un evento ma solo il retro di un tela che attende di essere dipinta.

L’intero allestimento ha dialoghi per assonanza e differenza, messo maggiormente in evidenza con delle sale differenziate per genere: possiamo trovare il genere del ritratto o il genere della natura morta. Ogni sala presenta dei  pannelli esplicativi sia in italiano che in inglese, che spiegano come è possibile reinventare le strategie di rappresentazione della realtà, estremizzandola in astrazione o in eccessiva narrazione. Non si può negare però che qualche didascalia in più potrebbe essere ancora più utile a chiarificare la complessità dell’argomento, soprattutto per quei visitatori non interamente inseriti nel settore. L’unica pecca dell’allestimento è l’assenza di sedie o panche per consentire all’ospitante di riflettere comodamente sulle opere esposte, anche se l’ambiente, concentrato e di facile percorrimento, non necessita di lunghe pause di rilassamento.

Concludendo, la mostra è un’ottima occasione per conoscere la pittura di oggi, una pittura che sembra essere stata dimenticata ma che ancora esiste e che in questa esposizione rivela tutte le sue potenzialità. Inoltre, invito calorosamente a visitare anche le altre due mostre presenti al Museo Pecci, non meno importanti e interessanti, come la mostra di Paolo Scheggi, Zone Riflesse, e quella sui libri dell’architetto Ettore Sottsass.

È possibile visitare le mostre tutti i giorni dalle ore 10 alle 19.  Chiuso il martedì.

Dal 5 giugno: tutti i giorni dalle ore 16 alle 23. Chiuso il martedì.