Civic Pride in a Static Space: Siena’s Santa Maria della Scala

By Diana Murphy (Lorenzo de’ Medici)

Inside the fortified walls, an International Gothic vernacular makes visible the very identity of the medieval city, an urban realism that still speaks to the casual visitor.

The Palio is a biannual horserace centered in Siena’s Piazza del Campo, a civic space where weapons, nursing babies and the eating of figs were banned. Celebrations of pride, power, and pageantry parade through the streets, commencing months before the 90-second race. The seventeen contrade, or districts, use their traditional “team” colors and anthropomorphic symbols on flags called bandiere to manifest this pride.

Their special role as a vehicle of Sienese citizenship is the subject of “The Medieval Dream: The Flags of the Contrada of the Stibbert Museum” at the complex of Santa Maria della Scala (SMS). This textile exhibition, curated by Enrico Toti, exemplifies a three-year conservation endeavor and gives a glimpse into the psyche of the famous Florentine collector, Frederick Stibbert, from whom these seventeen flags were collected.

The conservation and restoration of these flags, acquired by Stibbert on April 20, 1884, is the result of extensive funding by the Monte dei Paschi di Siena Foundation and world-renowned textile conservators. Immediately after their acquisition, the flags were ceremoniously displayed in Stibbert’s villa on the outskirts of Florence in his designated “hall of flags.” While there, they suffered extreme exposure to environmental changes resulting in the formation of dust and dirt that in turn caused visible deterioration.

Interestingly, the flags’ current display is described by museum staff as “a recovery of undoubted relevance of Sienese communal memories.” Yet, its display mechanism reflects the delicacy and temporality of the transient textiles, as dimmed lighting and glass encasements signify a space meant for reverence and wonder—a static display for such objects of revelry and ostentation.

This exhibition occupies a rather large space of the piano nobile, or first floor, and its display in such an important Sienese institution denotes local identity and shared cultural heritage. To visit the site now is tantamount to being transported to a time of uncertainty and precariousness: and this is not just because the Comune of Siena was planning on closing this great space just three months ago. Luckily, this didn’t happen. Instead, the museum’s governing board is attempting to create a private foundation so that it will eventually become an institute of research and thoughtful exhibitions, just like it should have already been.

Though the institution has no budget to boast, and two out of three floors are closed for renovation, the curatorial staff was still able to utilize some multimedia in the exhibition. Despite the flat, two-dimensional and, one could argue, cliché display of the flags in static glass encasements, the most striking feature of the space is the use of sound clips from past Palio performances—sounds that seem to emanate through the very walls of the museum itself, breaking them down, and displacing the visitor into the Piazza del Campo where one is surrounded by yelling, cheering, crying and fighting.

The general feeling of the space is one of pride and exhilaration, resulting from sounds of elation. The question of whether this sensation is shared by day-tourists who have never witnessed a Palio remains unanswered. Beyond one didactic panel at the entrance of the exhibition explaining the provenance of the bandiere (contrade flags) and an even shorter didactic text immediately inside the exhibit briefly describing the Palio, there are no additional labels. Though each text does give some insight, additional information inside the space would have certainly improved visitors’ understanding of both the symbolic cultural significance of the bandiere and the civic pride that they make visible.

Aesthetics aside, the exhibition is worth seeing, if not for the historical background of the Palio and its importance to Siena, then to witness both a conservation triumph of a very small portion of Stibbert’s neglected collection and what a museum can do with no budget when cultural heritage and local identity are on display.

 

Orgoglio civico in uno spazio statico: Santa Maria della Scala di Siena

di Diana Murphy (Lorenzo de’ Medici)

All’interno delle mura fortificate, una locale declinazione del Gotico Internazionale rende visibile la vera identità della città medievale, un realismo urbano che ancora parla al visitatore occasionale.

Il Palio è una corsa di cavalli che si svolge a Siena due volte l’anno proprio in Piazza del Campo – uno spazio civico dove il portare armi, l’allattare bambini e il mangiare fichi erano azioni proibite. Celebrazioni di orgoglio, potere, e spettacoli sfarzosi lungo le strade cominciano a sfilare già da mesi prima della corsa da 90 secondi, e le diciassette Contrade coinvolte usano i loro colori tradizionali insieme ai simboli antropomorfi sulle bandiere per manifestare la loro forte identità.

Questo speciale ruolo di veicolare la cittadinanza senese è il soggetto di “Il Sogno del Medioevo. Le Bandiere delle Contrade del Museo Stibbert” nel complesso di Santa Maria della Scala (SMS). Questa mostra di tessuti, curata da Enrico Toti, testimonia un’operazione di restauro durata tre anni e permette uno sguardo nella mente del famoso collezionista fiorentino Frederick Stibbert, dal quale queste diciassette bandiere furono raccolte.

La conservazione ed il restauro di queste bandiere, acquistate da Stibbert il 20 aprile 1884, sono il risultato del grosso finanziamento da parte della fondazione Monte dei Paschi di Siena e del lavoro di restauratori di tessuti noti in tutto il mondo. Immediatamente dopo la loro acquisizione, le bandiere furono cerimoniosamente esposte nella villa di Stibbert nelle vicinanze di Firenze nella sua  “Sala delle bandiere”. Là, durante la loro permanenza, hanno sofferto per l’estrema esposizione agli agenti ambientali – la formazione di polvere e sporco, che insieme hanno causato visibile deterioramento.

Interessante è che l’attuale collocazione delle bandiere è descritta dallo staff museale come un ricovero di memorie comuni senesi di indubbia rilevanza, e questo tipo di presentazione riflette la delicatezza e la temporalità dei tessuti effimeri, poiché una luce soffusa e un rivestimento vitreo significano uno spazio riservato alla riverenza e alla meraviglia – un allestimento statico per questi oggetti di celebrazione e ostentazione.

Questa mostra occupa uno spazio abbastanza ampio del piano nobile, e la sua presenza in una istituzione senese così importante denota identità locale e patrimonio culturale condiviso. Visitare il luogo oggigiorno è equivalente a essere trasportati a un tempo di incertezza e precarietà: e questo non accade soltanto perché il Comune di Siena prevedeva di chiudere questo grande spazio giusto tre mesi fa – fortunatamente non è successo. Invece, il consiglio d’amministrazione del museo sta cercando di creare una fondazione privata, così da, eventualmente, diventare un istituto di ricerca e di mostre attente e riflessive, come avrebbe già dovuto essere.

Sebbene l’istituzione non abbia un budget di cui vantarsi, e due dei tre piani siano chiusi per ristrutturazione, i curatori sono comunque capaci di usare alcuni mezzi multimediali nell’esposizione. Nonostante il piatto, bidimensionale e, uno potrebbe dire, allestimento “da cliché” delle bandiere nelle statiche vetrine, la caratteristica più suggestiva dello spazio è l’uso di brani audio tratte da passate corse del Palio – suoni che sembrano emanare proprio dalle pareti del museo stesso, rompendole, per proiettare il visitatore su Piazza del Campo, dove si è circondati da urla, applausi, pianti e risse.

La sensazione generale dell’ambiente è di orgoglio ed esaltazione, che risultano dai suoni di euforia; ma se questo stesso sentimento sia provato da un turista occasionale, che non abbia mai partecipato ad una corsa del Palio, è un interrogativo senza risposta. Tranne un singolo pannello didattico all’ingresso della mostra che informa sulla provenienza delle bandiere, ed un altro ancora più breve che descrive il Palio, non ci sono didascalie ulteriori. Sebbene ogni testo offra delle idee, alcune informazioni in aggiunta all’interno dell’ambiente avrebbero certamente aiutato il visitatore a capire sia il significato culturale e simbolico delle bandiere, sia l’orgoglio civico che esse rendono visibile.

A prescindere dalle ragioni estetiche la mostra merita di essere vista – se non per lo sfondo storico del Palio e per la sua importanza per Siena, allora almeno per assistere ad un trionfo della conservazione di una piccola porzione della negletta collezione di Stibbert, e a ciò che un museo può fare senza denaro quando il patrimonio culturale e l’identità locale sono esposti al pubblico.