Reflections of a Society

Reflection of a society fig.2
 
Church of San Jacopo in Campo Corbolini, Firenze
16 maggio – 29 giugno
 
By Katherine Reaume (Istituto Lorenzo de’ Medici)
 
Reflections of a Society, a temporary exhibition organized by CAMNES and the Istituto Lorenzo de’ Medici, displays the Telephus Mirror and other grave goods from the Etruscan necropolis of Macchia della Riserva in Tuscania (VT) from May 16th to June 29th. Held in the church of San Jacopo in Campo Corbolini open from 12 to 5:30 pm, there are a few large signs on display outside of the building, showing an image of the mirror. Though disappointingly the actual artifact is not on display inside, but a 3D replication and an explanation as to why the object is not present.

The overall exhibition provides information on who the Etruscans are along with where the artifacts were found. Information is given in both Italian and English, not only on the boards but also in several video displays. Unfortunately, the information panels at the entrance are hard to read due to the lack of light. The cases are set up by the location of where the objects were found in the grave site which is reflected and explained in the labels in the case. Yet, there is no correlation for the visitor to understand where each locali, or grave, is in correspondence to the overall tomb.

The visual displays are captivating and interesting, providing additional information not given in the written information panels. A downside is that these videos are not all in the best of locations. Upon first entering the exhibition the first video explains CAMNES and the dig site.  In order to view the video comfortably, one stands in the middle of the pathway of the exhibition. The video explaining the Telephus mirror and the story behind it is also difficult to observe from up close due to the placement of the case in which the mirror is held. One must stand farther away and view the video then, go up closer to see the object.

Not only does this exhibition provide visual displays it also offers an interesting opportunity to view one of the tombs virtually. Donning a headset, one can enter the excavation site and look around one of the tombs during the process. Though interesting there is no interaction available within, one can only view the space. This virtual experience is not well advertised in the space, even though it is set up in the middle of the room on one of the altars.

Reflections of a Society also offers multiple learning opportunities, providing educational resources such as an activity booklet, bookmark, and brochure. This information can be found at the beginning of the exhibition and helps to enhance the experience for families and children. Overall the display of the artifacts is well done with ample amounts of informative material about Etruscans, and the site in which the artifacts were found makes this temporary exhibition worth a visit.

 
Reflection of a society fig.1
 
Traduzione di Tania Mio Bertolo (Università degli Studi di Firenze)

 

Riflessi di una società, la temporanea organizzata da CAMNES e dall’Istituto Lorenzo de’ Medici, espone al pubblico dal 16 maggio al 29 giugno lo “Specchio di Telefo” ed altri corredi funerari delle necropoli etrusche di Macchia della Riserva a Tuscania (VT) ed è visitabile ogni giorno da mezzogiorno alle 17:30. La mostra è ospitata nella chiesa di San Jacopo, all’esterno della quale si trovano alcuni grandi manifesti che mostrano l’immagine dello “Specchio di Telefo”. Spiacevolmente il manufatto originale non è esposto all’interno della mostra,  ma è sostituito da una riproduzione tridimensionale corredata dalla spiegazione circa i motivi dell’assenza.

Nel complesso lo scopo dell’esposizione è ricostruire alcuni caratteri peculiari della civiltà etrusca partendo dagli oggetti ritrovati e dal luogo del loro rinvenimento. Le informazioni, sia in italiano che in inglese, non sono soltanto fornite attraverso i pannelli descrittivi ma anche per il tramite di alcuni fimati proiettati. Sfortunatamente i pannelli informativi posizionati all’ingresso sono difficilmente leggibili a causa della scarsa illuminazione. L’ordine espositivo dell’allestimento è determinato dalla posizione di ritrovamento degli oggetti all’interno dei “locali” dei siti funerari, e ciò è esplicitato nelle targhette corrispondenti a ciascuna teca; tuttavia non vi è possibilità per il visitatore di capire la posizione di tali locali all’interno delle tombe.

I video proiettati sono accattivanti ed interessanti, e forniscono informazioni aggiuntive rispetto a quelle date nei pannelli scritti; lo svantaggio è che questi filmati non sono posizionati nel migliore dei modi. Il primo filmato posizionato nei pressi dell’ingresso della mostra offre chiarimenti circa CAMNES ed il sito digitale, ma per poterne godere al meglio il visitatore è costretto ad allontanarsi verso il centro della sala. Anche il video dedicato allo Specchio di Telefo ed alla sua soria è difficile da seguire a causa della sua stretta vicinanza con la teca nella quale è esposto l’esemplare stesso: è necessario osservare il filmato da lontano, e poi avvicinarsi per ammirare lo specchio da vicino.

Ma la mostra non è costituita soltanto da filmati: essa offre anche un’interessante occasione per vedere virtualmente una delle tombe. Indossando le cuffie auricolari il visitatore può entrare attraverso lo spazio archeologico e osservare il sito funebre dall’interno. Benchè l’esperienza sia interessante, essa non è corredata da alcuna attività interattiva: il visitatore può solo osservare. Inoltre benchè sia posizionata al centro della sala, tale esperienza non è ben segnalata nello spazio.

Riflessi di una società offre anche molteplici occasioni di apprendimento, fornendo risorse educative attraverso un libricino per le attività, il segnalibro ed il pieghevole. Questo servizio è segnalato all’ingresso della mostra e favorisce un maggior coinvolgimento da parte delle famiglie e dei bambini. In conclusione, la disposizione degli oggetti è ben curata ed offre una grande quantità di materiale informativo sugli Etruschi e sui siti di ritrovamento degli oggetti, rendendo questa mostra quasi una visita ai siti originali.

 

 

Facciamo presto! Marche 2016 – 2017: tesori salvati, tesori da salvare

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Galleria degli Uffizi, Aula Magliabechiana
28 marzo – 30 luglio 2017

Di Caterina Zaru (Università degli Studi di Firenze)
 
Il 28 marzo scorso la Galleria degli Uffizi ha aperto al pubblico la mostra “Facciamo presto! Marche 2016 – 2017: tesori salvati, tesori da salvare”: mostra che presenta una selezione di capolavori, oggetti d’arte e documenti provenienti dalle zone del centro Italia, colpite dal terremoto del 2016, e i cui proventi verranno utilizzati per la ricostruzione di quei monumenti colpiti dal sisma e che custodivano le opere oggi esposte agli Uffizi.

Ciò che balza subito all’occhio del visitatore di questa mostra, anche se solo da una ristretta selezione di capolavori, è la straordinaria ricchezza del patrimonio culturale delle Marche e dell’Umbria: dalla pittura su tavola e su tela alla scultura lignea, dai manufatti tessuti all’oreficeria.

Lungo il percorso espositivo, quindi, è possibile ripercorrere sinteticamente le principali tappe della storia dell’arte di questi territori, dal Medioevo al XVIII secolo. Una ricostruzione in chiave storica e cronologica delle arti umbro-marchigiane, che ha come intento principale quello di mostrare quanto urgente e importante sia salvare dalla distruzione e/o dispersione questo prezioso patrimonio.

Essendo stati distrutti i luoghi di origine o quelli che custodivano questi capolavori, si è deciso di metterli in mostra in una città, Firenze, e in un museo, gli Uffizi, che ne garantiscono una vasta visibilità e fruizione da parte dei visitatori. L’Aula Magliabechiana, che ospita l’esposizione, ne diventa una suggestiva cornice: con i suoi ampi spazi, ha lasciato la possibilità ai curatori di esporre con chiarezza e dando il giusto risalto alle opere di più piccole dimensioni, come i pezzi di oreficeria ed il manoscritto autografo dell’Infinito di Giacomo Leopardi, ma anche a quelle più imponenti, come: la Madonna in trono tra i Santi Francesco e Caterina d’Alessandria di Marco Palmezzano del 1501, proveniente dalla Chiesa di San Francesco a Matelica (Macerata); l’Assunzione della Vergine con i Santi Francesco e Chiara di Andrea Boscoli del 1605, dalla chiesa di San Francesco a San Ginesio (Macerata); l’Apparizione della Madonna col Bambino a San Filippo Neri di Giovan Battista Tiepolo, datata 1739-40 e proveniente dalla chiesa di San Filippo Neri a Camerino (Macerata).

Il tutto risulta molto ben curato e d’impatto, anche a quei visitatori che poco o nulla conoscono dell’arte umbro-marchigiana o della poetica di Leopardi. E l’allestimento è ben supportato da un utile apparato didascalico. In particolare, suggestivi risultano essere i pannelli apposti a fianco di alcune opere e in cui si riportano le fotografie dei luoghi distrutti. Chiari, anche ai meno esperti in materia, il pannello che introduce alla visita e definisce gli intenti della mostra, ma soprattutto quello che accompagna le teche dove sono ospitati i manoscritti leopardiani. Esso dà poche, essenziali informazioni sulla figura dello scrittore italiano, e spiega le motivazioni culturali che rendono unico il Museo dei Manoscritti Leopardiani di Visso.

Ma i veri protagonisti della mostra risultano essere le tre campane recuperate dal crollo dei loro campanili (Chiesa del Castello di Carpignano, Chiesa di San Francesco ad Arquata del Tronto e della Torre Civica della stessa cittadina). Le campane che, per secoli, hanno scandito il ritmo di vita, le giornate di tutta la popolazione italiana, si fanno simbolo proprio di quel patrimonio di storia e cultura che ci identifica e che, tutti noi, siamo chiamati a salvaguardare e, in questo caso, salvare.
 
Facciamo presto, fig.1
 
Translation by Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’ Medici)
 
On March 28, the Uffizi Gallery opened a new temporary exhibition, ‘Let’s do it soon! Brands: 2016 – 2017: Treasures saved, treasures to be saved’: an exhibition that presents a selection of works, objects of art, and documents all coming from the center of Italy, the area affected by the earthquake of 2016, and the proceeds of which will be used for the reconstruction of those monuments affected by the earthquake, and who keep the works today exhibited at the Uffizi.
What immediately comes to the eye of the visitor of the exhibition, even if there is only a limited selection of masterpieces, is the extraordinary richness of the cultural patrimony of Marche and Umbria: from paintings on wood and canvas to wooden sculptures, from textile artifacts to gold.
Along the course of the exhibition, then, it is possible to recreate synthetically the principle tapestry of the history of art from these territories, from medieval times to the 18th century. It is a key historical and chronological reconstruction of the arts of Umbria-Marche, whose main purpose is to show how urgent and important it is to save this precious heritage from destruction and/or dispersion.
The places of origin, or the guardians of the works, having been destroyed, it was decided to put them on display in a city, Florence, and in a museum, the Uffizi, which guaranteed visibility and enjoyment on the part of the visitor. The Magliabechiana Hall, which hosts the exhibition, becomes an evocative frame: with its ample space it has allowed the possibility for the curators to exhibit clearly and fairly the smaller works, such as jewelry pieces or the autographed manuscript of the Infinite by Giacomo Leopard, as well as the most impressive works, such as the Madonna Enthroned between St. Francis and Catherine of Alexandria by Marco Palmezzano of 1501, originating from the Church of Saint Francis in Matelica (Macerata), the Assumption of the Virgin with Saint Francis and Chiara by Andrea Boscoli of 1605, from the Church of Saint Francis in San Ginesio (Macerata), and the Appearance of Our Lady and Child at San Filippo Neri by Giovan Battista Tiepolo, dated 1739-40, and originating from the Church of San Filippo Neri in Camerino (Macerata).
Everything is well looked after, and impacts even those visitors who know little or nothing about Umbrian-Marche art or Leopardi poetry. The set-up is well supported by useful didactic apparti. In particular, the striking panels beside some of the works which display the original destroyed locations. Clear, even to the less experienced in the subject, are the panels introducing the purpose of the visit and the intent behind the show, but especially the ones that accompany the cases where the Leopardi manuscripts are held. It gives a few, essential informations on the figure of the Italian writer, and explains the cultural motivations that make the Museum of the Leopard Manuscripts unique.
But the true protagonists of the show are the three bells rescued from the collapse of their towers (Church of the Castle of Carpignano, Church of Saint Francis in Arquata del Tronto, and the Civic Tower of the same town). The bells that, for centuries, have marked the pace of life, the days of the entire Italian population, are a symbol of that heritage of history and culture that identifies us, and that we are all called to safeguard, and in this case, to save.
 


 

Da Vinci Experience

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Ex chiesa di Santo Stefano al Ponte, Firenze
13 maggio – 6 ottobre 2017

By Katherine Reaume (Istituto Lorenzo de’ Medici)
 

Upon entering the street to Santo Stefano, visitors are greeted by Da Vinci himself and one of his machines. Open from May 13th to October 6th, every day from 10 am until 7:30 pm, the signs advertise not only an experience but also his real machines. As one of the most popular artists who worked in Florence during the Renaissance, there have been many exhibitions created regarding Da Vinci. Unfortunately, this exhibition seems to be lacking in knowledge about Da Vinci himself. Upon entering the exhibition, a row of books, also known as his codices is on display without any specific information provided about them. An information panel explains some background information about what the codices are generally, but no detailed information regarding the books on display are provided.

There are also prints of some of his more famous sketches displayed with the location where the originals can be found. Yet, there is no correlation drawn between these sketches and the books on display. Interestingly though, the carpeted pathway which leads visitors through the exhibition has a print of a replication of Da Vinci’s writing. Creating a path to follow downstairs, it is here that visitors experience some of Da Vinci’s machines.

The machines on display are replications from his sketches, and their purpose is explained in an informational label. It is also in this space that visitors get to experience Da Vinci’s machines virtually. Three headsets are set up for viewing along with a chair and a short explanatory panel. The virtual reality experience allows visitors to enter three of Da Vinci’s sketches and see the machines come to life, which is a unique aspect of this exhibition. Providing chairs that swivel around allow the user the opportunity to explore in this experience safely without the fear of falling.

The final part of this exhibition is a movie-like experience which is found upstairs. Multiple screens are setup to display various images of different sections of one of Da Vinci’s works at a time. The movie transitions from paintings to sketches of machines and quotes using things like birds and wisps of smoke. These transitions are also used to capture and focus a visitors’ attention in on a single part of the painting shown, such as flowers or hands. The video is enhanced through the use of music, but the transition between classical music and a movie-like soundtrack can be a bit jarring.

Overall if you are looking to see some video of Da Vinci’s famous works of art and have an ‘experience’ virtually with his machines in motion, this is the exhibition for you. If you are looking for information regarding him as a person, artist, or inventor, there is little here to offer to you in your quest.

 

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Traduzione di Tania Mio Bertolo (Università degli Studi di Firenze)
 

All’imbocco del piazzale antistante l’ex chiesa di Santo Stefano al Ponte i visitatori sono accolti dallo stesso Leonardo Da Vinci e da una delle sue macchine ingegneristiche. La mostra, inaugurata il 3 maggio e visitabile fino all’8 ottobre ogni giorno dalle 10:00 alle 19:30, è introdotta da manifesti che rendono nota non soltanto l’esperienza virtuale che la caratterizza, ma anche le reali macchine progettate dall’artista visibili al suo interno.  Numerose sono state le esposizione dedicate di recente a Da Vinci, considerato uno tra gli artisti più importanti che operarono a Firenze nel Rinascimento. Sfortunatamente questa mostra sembra essere lacunosa nella possibilità che essa stessa offre di conoscere la figura di Leonardo. All’ingresso una pila di libri noti come i suoi codici sono in mostra senza che sia fornita alcuna specifica indicazione su di essi: si trova soltanto un pannello che li descrive approssimativamente, ma non vi sono informazioni dettagliate.

Sono inoltre esposte delle stampe di alcuni suoi noti progetti, e per ciascun originale è segnalato l’attuale sito conservativo; ma non è indicata la relazione che intercorre tra tali schizzi progettuali ed i codici esposti. Degno di nota è il tappetto che scorre sul percorso che conduce verso la sala espositiva principale, tappetto nel quale è ristampata la calligrafia originale dell’artista. È nell’imboccare questo percorso suggestivo che i visitatori vengono condotti al livello inferiore, dove finalmente prenderà vita la loro esperienza virtuale con le macchine progettate da Leonardo Da Vinci.

Le opere ingegneristiche in mostra sono riproduzioni dei suoi disegni progettuali, ed il loro funzionamento è esplicitato in una targhetta informativa. All’interno di questo stesso spazio espositivo è ricreata l’esperienza virtuale con le macchine di Leonardo, godibile accomodandosi in una delle tre sedute dotate di cuffie auricolari e breve pannello esplicativo. L’esperienza virtuale consente al visitatore di entrare realmente in alcuni dei disegni progettuali di Da Vinci e vedere le macchine diventare vere, cifra principale della mostra. Le sedie sono rotanti, questo permette al visitatore di godersi l’esperienza con estrema sicurezza senza temere di cadere.

Al piano superiore è disposta l’ultima sezione della mostra: le multiproiezioni in video mapping. Numerosi schermi proiettano varie immagini delle diverse parti di alcuni dei capolavori artistici di Leonardo. Il filmato spazia dai dipinti ai progetti ingegneristici usando immagini di transizione come uccelli e nuvole di fumo. Ciò permette di catturare e focalizzare l’attenzione del visitatore su una singola parte del dipinto mostrato, come fiori o mani. Il video è accompagnato da un sottofondo musicale che alterna musica classica e colonna sonora, creando un effetto un po’ discordante.

In conclusione, questa è la mostra adatta a chi è in cerca di un filmato sulle più note opere d’arte di Da Vinci e di un’esperienza virtuale con le sue macchine ingegneristiche in movimento. Per coloro i quali sono invece in cerca di informazioni inerenti Leonardo come persona, artista e genio, c’è molto poco in questa mostra che possa venire in loro soccorso.

 

House of Dante

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By Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’ Medici)

 

The House of Dante does its best to preserve and display the legacy of the father of the Italian language. Owned and operated by the Alighieri family for years after the famous poet’s death, in 1861 the city government decided to purchase and carry out research on the group of houses historically thought to be the House of Dante. Restoration work did not begin on the house until 1911, and the museum was officially opened to the public in June 1994.

Each floor and each room of the House of Dante deals with a different periods and aspects of the writer’s life. However, the writer of the famous Inferno is conspicuously lacking from the panels. There are a handful of panels that address Dante directly, one talking about his career as a doctor, but none address his life. It seems as though the museum deals with the things touching Dante’s life rather than speaking to the actual life of Dante and his experiences. The research that went into the panels is extremely evident, and the background information presented definitely helps one to understand the context of the time in which Alighieri wrote. Upon leaving the museum, one understands more about the time period, but knows little more about Dante than when they entered.

While the museum is called the ‘House of Dante’ it is set up as a classic museum. Panels with text and pictures present the information to the visitor in the didactic one-way style of communication. The text presented to the visitor is detailed and perhaps more in depth than the regular visitor wants. It seems as though the museum has been set up for the visitor who already has a solid base of information about Dante and Dante’s works and wants to know different correlated information.

There is one room of the museum set up as a medieval bedroom, with only a paper sign taped to the doorway explaining the context of the setup. Visitors are only able to look through the doorway, as it is block with a glass panel. The bedroom seems placed there almost by accident; there are no panels about bedrooms in that time period, or perhaps explaining that it may be how Dante had his room designed. There is a room on the third floor that also seems random and slightly out of place. This floor deals with the Inferno itself, and the entire text of the book is on a massive panel on the wall. As you exit the first room and go into the second, there is only a glass case with jewelry, and across a small hallway there are two mannequins dressed in what seems to be medieval clothing. There are no explanatory panels.

Overall the House of Dante could do with some reorganization and rethinking of its display. While there are some interactive elements and didactic materials, the overall impression of the museum is somewhat confusing, and the information presented should be narrowed.

 

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Traduzione di Tania Mio Bertolo (Università degli Studi di Firenze)

 

Il Museo della Casa di Dante fa il suo meglio per preservare e condividere con il pubblico il lascito del padre della lingua italiana. Il gruppo di edifici storicamente indicati come Casa di Dante, che per alcuni anni dopo la morte del sommo poeta rimasero di proprietà della famiglia Alighieri, negli anni Sessanta del XIX secolo furono acquisiti dal comune di Firenze che si occupò di portare avanti le indagini di ricerca; i lavori di ristrutturazione furono avviati soltanto nel 1911, ed il museo fu officialmente aperto al pubblico nel giugno del 1994.

All’interno dell’edificio museale ogni piano ed ogni stanza sono dedicati a periodi e ad aspetti diversi della vita del poeta, ma l’autore del famoso Inferno è palesemente assente nella documentazione informativa. Vi sono infatti una manciata di pannelli esplicativi dedicati chiaramente a lui, ed uno che riferisce circa la sua attività di medico, ma nessuno inerente la sua vita. Benchè il carattere scientifico dei testi dei pannelli didascalici sia tangente, e le informazioni storiche fornite aiutino il visitatore a comprendere il contesto cronologico nel quale Alighieri visse, sembra quasi che il museo preferisca fornire delucidazioni sugli aspetti che hanno toccato il vissuto di Dante piuttosto che su quelli riguardanti la vita effettiva del poeta e le sue esperienze. Al termine del percorso museale il visitatore ha ben chiara l’epoca storica di riferimento, ma ha appreso ben poco circa la vita di Dante.

Il Museo della Casa di Dante, nonostante il nome, è allestito come un vero e proprio museo. Informazioni scritte correlate da immagini offrono al visitatore nozioni secondo il classico metodo didattico della comunicazione unilaterale e frontale. I testi estremamente dettagliati e probabilmente molto più approfonditi di quanto un comune fruitore si aspetterebbe, lasciano pensare che l’allestimento museale e l’apparato informativo siano pensati per un visitatore che abbia già una buona conoscenza della vita e del lavoro di Dante, e che abbia intrapreso la visita per approfondire tematiche correlate.

All’interno del museo si trova una sala allestita come una camera da letto medievale; collocato all’ingresso è un unico foglio didascalico che informa circa la mobilia esposta. Poiché l’ingresso alla sala è bloccato da una barriera di vetro, i visitatori possono soltanto affacciarsi dall’esterno. La camera sembra collocata lì quasi per caso, e non vi è nessuno spunto che possa rendere il visitatore più consapevole circa l’arredo delle camere da letto in epoca medievale. Rimane anche il dubbio se questo particolare allestimento esposto al pubblico fosse stato pensato e vissuto dallo stesso poeta. Anche al terzo piano si trova una sala che sembra casualmente e sbadatamente fuori posto. Questo piano è dedicato all’Inferno, e l’intero testo della prima cantica è riportato su un massiccio pannello murale. Nel passaggio tra la prima e la seconda sala si può osservare soltanto una teca in vetro nella quale sono esposti alcuni gioielli e più avanti, attraversando un piccolo vestibolo, si incontrano due manichini vestiti di abiti medievali: non vi è alcun pannello descrittivo.

In conclusione, il Museo della Casa di Dante avrebbe bisogno di riallestire e ripensare il suo percorso espositivo. Nonostante vi siano alcuni elementi interattivi e del materiale didattico, l’impressione generale a seguito della visita museale è caotica, e le informazioni offerte dovrebbero essere riassunte.

 

Palazzo Davanzati

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Palazzo Davanzati

By: Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’ Medici)

 

Situated a stone’s throw from the Ponte Vecchio and the Porcellino Market, Palazzo Davanzati is a fine example of an early Renaissance building. Purchased by the Davanzati family in 1578, the house stayed in the family for almost 300 years. After being turned into apartments, and then a historic house museum by Elia Volpi, Palazzo Davanzati finally came to the Italian State in 1951, where it was reorganized and opened to the public in 1956.

The Palazzo functions as a quasi-immersive experience. Furniture from the 13th through 19th century has been purchased to give the Palazzo the feel of an authentic Renaissance dwelling. There are no large panels in any of the rooms, nor are there labels on the works of art scattered throughout the space. Rather, there are small stands which feature information about the paintings, and also offer a single page cardboard document which explains, in english and italian, the purpose of the room and some small information about the history of the space and the items inside. There are also small stands with screens on each floor, however, they do not work.

These things attempt to give the impression of stepping into an early Renaissance era room. Each floor is ascended one by one, and only with a guide accompanying the visitors. The labels on each floor are informative, but they leave the visitor wishing for more information. For example, there are exquisite remnants of graffiti on every floor, in almost every room. The didactic materials mention when the graffiti was possibly made, but what could be exploited as a fascinating and engaging element of the history of the house is sadly left to a few lines on cardboard. The frescos of the bedrooms are incredibly well preserved, filled with symbolism and history, but are regulated to paragraphs on the didactic materials. The same mentality seems to permeate the entirety of the house.

With such a rich history and occupying an important place in the development of the Renaissance style houses, Palazzo Davanzati should use the resources at its disposal to create educational materials and events that show the exquisite nature of the home. Instead of simple single page of text to explain the home, the Palazzo could invest in more working technology to offer in depth information to the visitor. With even a small increase in the didactic materials the visitor would experience the Palazzo as more than a simple aesthetic experience, sprinkled with a few facts, but would instead create an atmosphere of understanding and appreciation.

 

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Traduzione di Tania Mio Bertolo (Università degli Studi di Firenze)

Situato a pochi passi da Ponte Vecchio e dal Mercato del Porcellino, Palazzo Davanzati è un buon esemplare di struttura architettonica risalente al primo Rinascimento. Acquistato dalla famiglia Davanzati nel 1578, il palazzo appartenne alla stessa dinastia per oltre 300 anni. Dopo esser stato riadattato in appartamenti, ed in seguito allestito a museo da Elia Volpi, nel 1951 il palazzo divenne proprietà dello Stato e fu aperto al pubblico, dopo un’ulteriore riorganizzazione, nel 1956. L’allestimento del palazzo offre un’esperienza quasi immersiva. Mobili risalenti al periodo compreso tra i secoli XIII e XIX sono stati acquistati per dare al palazzo l’aspetto di un’autentica dimora rinascimentale. Non vi sono né grandi pannelli informativi nelle sale, nè cartellini didascalici accanto alle opere d’arte distribuite nel percorso espositivo. Vi sono invece piccoli supporti esplicativi che forniscono informazioni circa i dipinti esposti e che mettono a disposizione del visitatore cartoncini documentari, redatti sia in italiano che in inglese, funzionali ad esporre e l’obiettivo tematico di ciascuna sala, e il carattere storico degli spazi espositivi e degli oggetti in mostra. In ciascun piano è collocato uno schermo informativo, ahimè non funzionante.

Nel complesso, ogni elemento concorre a creare l’illusione di trovarsi realmente in uno spazio abitativo del primo Rinascimento. Il percorso museale, possibile solo con la guida di accompagnamento, attraversa ogni livello del palazzo. Le informazioni fornite in ciascun piano, benchè utili, non sono esaustive, e lasciano purtroppo al visitatore il desiderio di saperne di più. Per fare un esempio: quasi in ogni sala del museo il visitatore si imbatte in squisiti frammenti di graffiti, rispetto ai quali le targhette didascaliche suggeriscono la possibile epoca di realizzazione, ma mancano purtroppo di riferirne l’uso quali affascinanti ed attraenti elementi del contesto storico della dimora, aspetto al quale sono tristemente dedicate poche parole nel cartoncino già menzionato. Ancora: nelle camere da letto vi sono alcuni affreschi magnificamente conservati, ricchi di simboli ed elementi storici, la descrizione dei quali è però relegata a piccoli paragrafi nei materiali didattici. La stessa dinamica sembra permeare la casa nel suo intero.

Con un passato storico così ricco e con un ruolo così importante come testimonianza dello sviluppo dell’arredo nelle dimore rinascimentali, il Museo di Palazzo Davanzati dovrebbe utilizzare le risorse di cui dispone per redigere materiali educativi ed eventi aperti al pubblico finalizzati a mostrare la squisita natura di questa dimora. Al posto di semplici singole pagine di testo descrittive, il museo dovrebe investire negli strumenti tecnologici per offrire maggiori informazioni al visitatore. Anche solo con un piccolo incremento del materiale didattico, il visitatore sarebbe messo nella condizione di attraversare il Palazzo percependolo non più soltanto come un’esperienza estetica intervallata da esigue informazioni, ma come un’opportunità di conoscenza e crescita culturale.

 

Il cosmo magico di Leonardo da Vinci: l’adorazione dei Magi restaurata

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“Il cosmo magico di Leonardo da Vinci: l’Adorazione dei Magi restaurata”

Galleria degli Uffizi, dal 28 marzo al 24 settembre 2017

Recensione di Maria Eletta Benedetti (Università degli Studi di Firenze)

L’Adorazione dei Magi di Leonardo torna a “casa”, nella Galleria degli Uffizi dove è conservata dal 1640. Ad accogliere l’opera per questo importante rientro è una mostra dal titolo Il cosmo magico di Leonardo da Vinci: l’Adorazione dei Magi restaurata, curata dal nuovo direttore della Galleria Eike Schmidt e dal Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti. È proprio presso questo prestigioso Istituto che la pala di Leonardo è stata restaurata con un intervento durato circa cinque anni. Le vicende dell’opera, dalla sua origine all’ingresso agli Uffizi, insieme alla descrizione dettagliata sono raccontate nella primissima sala, attraverso un video, semplice ma molto chiaro, sia in italiano (la voce maschile narrante) che in inglese (i sottotitoli). L’opera infatti è stata realizzata, o meglio parzialmente dipinta, tra il 1481 e il 1482 da Leonardo su richiesta dei monaci di San Donato a Scopeto. Dopo la partenza dell’artista-scienziato per Milano, l’Adorazione rimane incompiuta e la commissione passa nel 1496 a Filippino Lippi, al quale viene richiesto di raffigurare in un’altra tavola la stessa tematica sacra. Nella seconda sala è esposta proprio la pala compiuta di Filippino, anch’essa conservata oggi presso gli Uffizi. La scelta di accostare le due opere risulta vincente in quanto permette un confronto tra le alterità dei due pittori e tra le loro opere; ma allo stesso tempo consente di sottolineare i parallelismi tra le due tavole, accomunate dal medesimo soggetto e dalla medesima commissione. Tuttavia a livello espositivo la scelta del posizionamento dell’opera non è molto buona.  L’opera filippesca è stata collocata di fianco all’ingresso della sala ed entrando il visitatore trova la grande tavola subito sul suo fianco destro. Con questa disposizione forse l’Adorazione di Fillippino viene svilita nella sua fruizione, perché per essere osservata il visitatore deve mettersi in mezzo all’accesso della sala successiva oppure deve guardala ad una distanza ravvicinata che permette solo una visione parziale dell’opera considerando invece le grandi dimensioni (258×243 cm). Da questa stanza, che ha anche una funzione di snodo, si aprono altre due sale: una sulla destra nella quale vi è un altro filmato interamente dedicato al meraviglioso restauro; l’altra sulla sinistra nella quale è esposta l’opera di Leonardo. Grazie all’allestimento assolutamente essenziale si percepisce che l’Adorazione leonardesca è la protagonista indiscussa, non ha bisogno di presentazioni (non c’è una didascalia) e calca così la scena come bellezza assoluta e tutta da scoprire. Grazie ai restauri essa è ancora più incantevole e sembra che l’occhio non si stanchi di ammirarla, curioso di cercare un qualche nuovo dettaglio, un tratto corrucciato o stupito dei volti, una posa delle figure sullo sfondo. La sala è tutta bianca (riprendendo il colore delle nuove sale botticelliane) ed è illuminata sapientemente. L’opera leonardesca è posta in una struttura leggermente incassata e protetta da un vetro che non disturba assolutamente la visione con riflessi. Nella sala dove è allestito il video dedicato ai restauri vi sono anche due pannelli che riproducono in formato originale l’opera prima dell’intervento. Forse sarebbe stato interessante vedere anche un pannello che riproducesse il retro della tavola.

Questa piccola mostra è collocata all’interno delle Gallerie dopo gli spazi dedicati alle esposizioni, che si trovano al primo piano, accanto alle sale rosse.

 
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Translation by: Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’ Medici)

“The Magic Cosmos of Leonardo da Vinci: The Restored Adoration of the Magi”

The Adoration of the Magi by Leonardo returns “home”, in the Uffizi Gallery where it has been conserved since 1640. In addition to the important re-entry of this work is the exhibition entitled, ‘The Magic Cosmos of Leonardo da Vinci: The Adoration of the Magi Restored’, curated by the new director Eike Schmidt and the Superintendent of the Office of Dure Stone Marco Ciatti. It is at this prestigious Institute that Leonardo’s palace has been restored with an intervention lasting about five years. The events of the work, from its origins in the Uffizi, together with a detailed description are told in the first room through a video which is simple but very clear, in both Italian (the voice of the masculine narrator) and in English (the subtitles).

The work was in fact partially realized, or better yet partially painted, between 1481 and 1482 by Leonardo on the request of the monks of San Donato and Scopeto. After the departure of the artist/scientist for Milan, the Adoration remained incomplete and the commission passed in 1496 to Filippino Lippi, who was asked to represent the same sacred theme at another table.

In the second room of the show is the finished work of Filippino, which is also kept at the Uffizi. The choice to approach the two works wins as it allows for comparison between the otherness between the two painters and their works, but also underlines the parallels between the two tables, accompanied by the same subject and the same commission.

However, at the exhibition level, the choice of the placement of the works is not good. The Filippino Lippi work is placed alongside the entrance of the room and upon entrance the visitor suddenly finds a large table to the right. With this arrangement maybe the Filippino Adoration is thought to come to its fruition, because to be observed by the visitor, they must be in the middle of the doorway to the next room, or they must look at a distance that permits only one visitor to partially view the large dimensions of the work (258x243cm). From this room, which also has another function, open two other rooms: a room on the right in which is entirely dedicated to the wonderful restoration, the other on the left in which is displayed the work of Leonardo.

Thanks to the absolutely essentially setting, it is perceived that the Leonardo Adoration is the protagonist of the exhibition, and does not need presentation (it has no caption), and so the absolutely beautiful scene can be discovered by all. Thanks to the restoration it is even more enchanting and so it seems that the eye does not get tired of admiring it, curious to look for some new detail, a curve or amazing stretch of faces, a pose of figures in the background. The room is completely white (mirroring the color of the new Botticelli rooms) and the lighting is used wisely. The work of Leonardo is placed in a slightly embedded structure protected by a glass that does not disturb the vision with reflections. In the room where the video dedicated to the restoration is set up are also two panels that reproduce the original format of the work before the intervention. Maybe it would have been interesting to see also a panel reproducing the back of the table.

This small exhibition is located inside the Gallery in the exhibition spaces, which are located on the first floor, after the Red Rooms.

Maria Lassnig Woman Power

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Maria Lassnig Woman Power
Palazzo Pitti, 25 marzo – 25 giugno 2017

Di Caterina Zaru (Università degli Studi di Firenze)

La prima mostra, che si sia mai organizzata in Italia, dedicata interamente all’artista austriaca, scomparsa nel 2014 all’età di 94 anni, trova spazio nelle sale dell’Andito degli Angioini a Palazzo Pitti e sarà visitabile fino al 25 giugno. Una piccola esposizione realizzata in collaborazione con l’Albertina di Vienna, che si fa conservatrice del nucleo più importante delle opere di Maria Lassnig, e curata da Wolfgang Drechsler. Lo stesso Drechsler ha curato anche il catalogo, edito da Sillabe.

Fu proprio in Italia, alla Biennale di Venezia del 2013, che Maria Lassnig ricevette il Leone alla carriera. E ora Firenze rende omaggio a questa artista, pioniera del movimento femminista nelle arti visive, esponendo venticinque opere, attraverso cui ripercorrere la sua singolare produzione pittorica. Singolare perché, a detta dello stesso curatore della mostra, l’arte della Lassnig trova il proprio centro in un’autoreferenza dell’artista che si autoritrae di continuo, anche quando, in realtà i titoli delle opere ci dicono tutt’altro. Ma importante, non è tanto la fisionomia dell’artista, quanto le sensazioni che, dal profondo di sé, sprigionano sulla tela, in poche, potenti pennellate di abbaglianti colori. La sensazione visiva provocata nello spettatore si fa specchio delle forti sensazioni fisiche e corporee espresse dall’artista ed indagate attraverso i dipinti esposti come Doppio ritratto con aragosta, 1979 o A letto con una tigre, 1975 e ancora Uomo che si taglia in due del 1986, Pescatori di idee del 2001 e Il dolore del 2003. Una “consapevolezza corporea”, una messa in gioco della propria sensibilità, sotto forma di un linguaggio artistico suggestivo ed estremamente comunicativo.

Un’artista che mette al centro della propria sperimentazione se stessa e il proprio corpo, ma senza cadere nel narcisismo o nell’autocelebrazione.

Una donna che si fa fautrice dell’emancipazione femminile, dando vita ad opere come Woman Power, che non a caso dà il titolo all’intera mostra, in un ambiente artistico dominato dagli uomini. E, ancora, non a caso, si è deciso di porre proprio quest’opera in una posizione privilegiata del percorso espositivo: lo spettatore se la ritroverà di fronte, con tutta la sua potenza espressiva, non appena varcherà la soglia della seconda sala. Sala che accoglie anche l’altro cavallo di battaglia dell’esposizione: A letto con una tigre.

Parlando, appunto, del percorso espositivo, si può ben affermare che la location, l’Andito degli Angioni, crea quell’affascinante contrasto tra antico e moderno, che dà grande risalto alle opere della Lassnig. Le pareti, solo in alcuni casi ricoperte da pannelli grigi, ed i soffitti affrescati delle sei sale dedicate alla mostra, costituiscono un’elegante cornice alle opere esposte. Uniche note negative l’apparato didascalico, povero in pannelli esplicativi (gli unici due sono posti nell’ultima sala, a conclusione del percorso espositivo), e l’illuminazione. Questa risulta essere molto efficace nell’illuminare le opere e nel dare risalto ai colori, d’altro canto, però, l’atmosfera che ne risulta è molto cupa. Questo aspetto, purtroppo, non invoglia il visitatore a soffermarsi a lungo negli ambienti e a godere al meglio delle opere esposte.

Nel complesso, comunque, questa mostra risulta essere un’interessante iniziativa che prende in esame un argomento delicato, quale il conflitto di genere in ambito artistico, e lo espone rendendo omaggio al mondo artistico femminile, che trova nella Lassnig una forte protagonista dell’epoca contemporanea.

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Translated by: Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’ Medici)

 

This show, one of the first of its kind which has been organized in Italy, is entirely dedicated to the Austrian artist Maria Lassnig, who disappeared in 2014 at the age of 94, and it finds space in the rooms of Anguilla Angels at the Pitti Palace and will be open until the 25th of June. It is a small show which has been realized in collaboration with The Albertina of Vienna, which preserves the most important core works of Maria Lassnig, and is curated by Wolfgang Drechsler. The same Drechsler has also curated the catalogue, edited by Sillabe. It was in Italy, at the Venice Biennale in 2013, that Maria Lassnig received the Lion of his career. Now, Florence pays homage to this artist, who pioneered the feminist movement in the visual arts, displaying 25 works, through which we can rethink the singular production of his paintings. Singular because, according to the same curator of the show, the art of Lassnig finds it center in the self-referral of the author who is constantly authoritative, and when, in reality the titles of the works tell us nothing else. But important, not so much the artist appearance, as much as the profound sensations that spring up from the depths of the canvas, in a few, powerful, dazzling strokes of color. The visual sensations provoked in the viewer mirror the strong physical and corporeal sensations of the artist and that are investigated through works like Double Portrait with Lobster, 1979, and A Bed With a Tiger, 1975, and also Man That Cuts in Two from 1986, Fisherman of Ideas from 2001, Pain, 2003. A ‘bodily awareness’, a putting into play of their own sensibilities, in the form of a suggestive and artistic language.

An artist that puts herself and her body at the center of the experimentation, but without falling into narcissism or self-celebration.

A woman that is an advocate for the emancipation of the feminine, giving life to works like Woman Power, which is by no means the title of the whole show, in an environment that is dominated by men. And, yet, not by chance is the decision to place this work in a privileged position within the exhibition path: the visitor will face it, with all its potent expression, as soon as he will cross into the second room. This room also welcomes the other battle of the exhibition, A Bed with A Tiger.

Speaking just to the path of the exhibition, it can be said that the location, the corridor of the Angels, creates a fascinating contrast between ancient and modern, that gives grand prominence to the work of Lassnig. The walls, only in some cases covered in gray panels, and the frescoed ceilings of the six rooms dedicated to the exhibition, constitute an elegant frame to the show. The only negative notes are the didactic apparatuses; poor explanatory panels (the only two are located in the last room, the conclusion of the exhibition), and the lighting. This results in effective illumination of the works and highlights the colors, however, on the other hand, the resulting atmosphere is very dense. This aspect, unfortunately, does not invite the visitor to dwell in the space for very long and enjoy the best works on display.

Overall, however, this exhibition is an interesting initiative that examines a delicate argument, such as the conflict of gender in the artistic environment, and it exhibits this by paying homage to the feminine world, which finds in Lassnig a strong protagonist in the contemporary age.

Tiepolo. Disegni dall’Album Horne.

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Firenze, Museo Horne. 8 novembre 2016 – 19 febbraio 2017, prorogata al 18 aprile
Di Tania Mio Bertolo (Università degli Studi di Firenze)

Il proposito di allestire la mostra “Tiepolo. Disegni dall’Album Horne”, la temporanea dedicata ad alcuni esemplari del corpus grafico di Giambattista Tiepolo, si generò come naturale conseguenza del restauro al quale era -ed è- contemporaneamente sottoposto lo storico album dal quale provengono i ventisei disegni esposti, volume appartenuto al collezionista inglese Herbert P. Horne e costituito da quarantotto pezzi. Tali disegni costituiscono una straordinaria testimonianza dell’incessante attività creativa di Tiepolo e del suo costante esercizio grafico alla ricerca di sempre nuove soluzioni compositive.

Allestita in una sobria sala al piano terreno di Palazzo Corsi, sede del Museo della Fondazione Horne, la mostra rappresenta una grande occasione per il pubblico fiorentino di accostarsi alla produzione grafica di Tiepolo, e più in generale a quell’arte veneziana tradizionalmente diversa da quella toscana. L’argomento dell’esposizione inoltre si presta come fertile terreno per eterogenei approfondimenti su tematiche correlate: i rapporti del collezionista Herbert P. Horne con la produzione artistica veneta, le modalità attraverso le quali egli entrò in possesso di questo importante album, i confronti tra i suddetti disegni e la produzione pittorica di Tiepolo, ed altre ancora. Molteplici dunque potrebbero essere gli spaccati storico artistici e di natura collezionistica da indagare, ma che purtroppo nell’ambito di questa mostra rimangono soltanto suggestioni.

Poche infatti sono le informazioni fornite al visitatore nei due pannelli collocati nel corridoio di ingresso: un breve accenno alla biografia del pittore ed ai soggetti dei disegni, ed alcune note circa le peculiarità dell’intervento di restauro. Nessuna invece nella sala espositiva, ad esclusione delle targhette didascaliche che individualizzano ciascuno dei disegni in mostra. Grazie ad esse e, ovviamente, grazie ai disegni stessi, il visitatore è in grado di stilare dei confronti su alcuni motivi grafici e compositivi che ritornano in talune opere esposte; ma nessun pannello di approfondimento o contestualizzazione fornisce un supporto al fruitore impegnato in tali riflessioni che rimangono, purtroppo, senza riscontro. Unico dipinto in sala è il ritratto di Horne eseguito dal pittore Henry Harris Brown, effigie che suggella inequivocabilmente il rapporto tra le opere di Tiepolo ed il collezionista.

Sui disegni, smontati dal loro supporto storico ed esposti all’interno di eleganti teche lignee, si catalizza unicamente l’attenzione di ogni visitatore, e proprio questa era probabilmente l’intenzione originaria dei curatori della mostra. Far parlare i disegni, lasciare che questi veloci tratti ad inchiostro e matita nera su carta bianca non siano letti solamente come bozze o schizzi preparatori, ma che assumano essi stessi valore di vere e proprie opere d’arte, come testimonianza di un impulso creativo non ancora filtrato dal colore. Un’intenzione indubbiamente lodevole, ma scarsamente funzionale ai fini educativi e formativi di una mostra. Mi chiedo quanto possa apprendere un visitatore scevro di qualsiasi nozione storico artistica visitando una mostra nella quale lo sforzo di valorizzare i disegni in quanto fresca testimonianza di un’intuizione artistica non lascia alcuno spazio alla contestualizzazione, al confronto con la produzione pittorica di Tiepolo, alla comprensione delle dinamiche collezionistiche ed agli interessi artistici di Hubert P. Horne. Insomma in un panorama nazionale la cui cifra è l’indissolubile legame tra arte, natura e vita umana, mi chiedo quanto possa essere culturalmente proficuo investire su una mostra comprensibile ai soli addetti ai lavori, riservando all’arte ancora una volta quel posto elitario privilegiato e così lontano dai più.

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Translation by: Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’ Medici)

The purpose of the temporary exhibition, “Tiepolo. Drawings from the Horne Album”, dedicated to some examples of the graphic corpus of Giambattista Tiepolo, was generated as a natural consequence of the restoration which twenty-six of the historical albums were subjected while the volumes belonged to the English collector Herbert P. Horne and consists of forty eight pieces. The drawings are an extraordinary example of the incessant creative activity of Tiepolo, and his constant graphic exercise searching for new compositions.

Situated in a simple room on the first floor of the Palazzo Corsi, the home of the Horne Museum, the exhibition represents the grand opportunity for the Florentine public to approach the graphics of Tiepolo, and more generally the art of the Venice, traditionally different from that of Florentine Tuscany. The argument of the exhibition further lends itself as fertile ground for heterogeneous insights on related issues: the relationship of the collector Herbert P. Horne with the artistic production of Venice, the way in which he came to possess this important album, comparisons between the above-mentioned drawings and the pictorial production of Tiepolo, and still others. Therefore, multiple may be split away from the historical and artistic nature of collecting and be investigated, but that, unfortunately, in the context of this exhibition remains only suggestions.

In fact, information for visitors is provided in two panels located in the entrance corridor: a brief reference of the painters biography and the subjects of the drawings, and some notes about the particularities of the restorations. Nothing else is to be had in the exhibition hall, with the exception of the didactic labels that individualize each work in the show. Thanks to these, and of course, thanks to the same drawings, the visitor is able to draw comparisons on some graphic motifs and compositions returning in certain works: but no in-depth panel or contextualization provides a support to the user engaged in these reflections that unfortunately remain unanswered. The only painting in the room that is connected to Horne is an effigy painting by Henry Harris Brown that seals the relationship between the works of Tiepolo and the collector.

The drawings were removed from their historical display and the curators chose to exhibit them in elegant wooden cabinets that attract the attention of every visitor. This allows the artwork to speak, as the quick strokes in ink and black pencil on white paper are not read only as drafts of sketches, but they are valued as real works of art that communicate even with their lack of colour. The intention was commendable, but hardly practical for educational and training purposes of an exhibition. It is a wonder how much a visitor can learn from any notion of artistic history by visiting an exhibition in which the effort to enhance the designs as fresh evidence of an artistic intuition leaves no room for contextualization. In comparison, the Tiepolo painting in original context, changes the understanding between the dynamics as collectors and the artistic interests of Hubert P. Horne. On a national scale, where the link between art, nature, and human life is portrayed, it is critical to investigate what can be culturally important to showcase to the intended audience and to ensure that this communication is thorough and inclusive. By neglecting this and making information only comprehensible to the insiders there is a disconnect and makes art something that is solely for the privileged elite and inaccessible to most.

Bill Viola. Rinascimento Elettronico

Firenze, Palazzo Strozzi 10 Marzo – 23 giugno 2017
By Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’ Medici)

Bill Viola, a recognized master of video art, has taken over both the Piano Nobile and the Strozzina for his latest exhibition celebrating his relationship with the historic city of Florence, Electronic Renaissance. As a major retrospective which includes new works of art, Bill Viola has created an ecstatic examination of humanity, spirituality, and perception. The themes of rebirth and the ties man has to nature permeate the exhibition, and also a connection between the modern visual art and the Renaissance works that inspired them is readily apparent. For a city that is immersed in Renaissance works, the Bill Viola exhibition acts as a breath of fresh air, giving new life and perspective to the Old Master works of Florence.

The Piano Nobile begins with a work entitled The Crossing (1996), which is two channels of video projections on screens a little over three meters tall (11 feet), featuring a man with fire on one screen and a man with water on the other. This interplay between nature and man is accompanied by surround stereo sound, which almost creates an immersive experience. This immersive environment into sound accompanied by images is a common theme throughout the whole of the exhibition.

Some works in the exhibition are reinterpretations of famous Renaissance works, and are placed directly beside the works that inspired them. The work entitled Emergence (2002) is modeled after the famous Masolino da Panicale fresco Cristo in pieta (1424). The two works are on either side of the room, so that it is possible to watch the projection while also seeing the fresco. This creates a connection between old and new through time, material, and the modern art in this Renaissance palace. This creates conversations within a larger overarching dialogue that invites the viewer to participate and contribute. The modern works of art shift the perspective of the untouchable Renaissance works enough to allow for a personal and familiar interaction to take place.

An example of these layered conversations within conversations is the piece The Path (2002) which features a 34 foot long screen showing a forest with many people of all ages and nationalities passing through the trees. The screen is placed in such a way that the people walking through the room are required to follow a path similar to those who are walking in the video installation. Strategic seating allows for visitors to sit and watch, or perhaps marvel at, the demonstration of both the work of art and the forced narrative of life mimicking the artwork.

Descending into the Strozzina the themes of humanity and nature still suffuse the works. The exhibition also extend to the Uffizi Gallery and the Museo dell’Opera del Duomo where the works will be in conversation with two very famous works at those institutions. At the Museo dell’Opera del Duomo visitors can purchase a special combined ticket that allows them to also enter the Palazzo Strozzi.

Traduzione di Tania Mio Bertolo (Università degli Studi di Firenze)

Per l’allestimento di Rinascimento Elettronico, esposizione con la quale Bill Viola sancisce il suo legame con la storica città di Firenze, il noto maestro della videoarte contemporanea ha coinvolto sia il piano nobile di Palazzo Strozzi sia gli ambienti della Strozzina. Nell’ordine di una grande retrospettiva che include anche alcune opere inedite, Bill Viola ha dato vita ad un’entusiasmante analisi dell’umanità, della spiritualità e della percezione. Protagoniste della mostra sono le tematiche della rinascita e del legame tra uomo e natura, ma di grande rilevanza è anche l’intreccio tra la moderna videoarte e le opere rinascimentali alle quali la prima si ispira.

In una città permeata dall’arte del Rinascimento, questa esposizione agisce come una boccata d’aria fresca che conferisce nuova vita ed una diversa prospettiva agli antichi capolavori fiorentini.

Il percorso espositivo del piano nobile principia con The Crossing (1996), performance consistente in due filmati proiettati in schermi alti poco più di tre metri, nei quali una figura umana si confronta rispettivamente con il fuoco e con l’acqua. Questa rappresentazione per immagini del legame tra natura e uomo è accompagnata da un suono audio coinvolgente che contribuisce a rendere l’esperienza del visitatore immersiva e l’atmosfera totalizzante, cifre  che ritornano nel prosieguo del percorso espositivo.

Alcune installazioni sono reinterpretazioni di famosi capolavori del Rinascimento, e sono collocate esattamente di fianco alle opere che le hanno ispirate. Per la creazione di Emergence (2002) l’artista ha preso le mosse dall’affresco di Masolino da Panicale raffigurante Cristo in pietà (1424): la collocazione delle due opere nelle pareti laterali della stessa stanza consente al visitatore di osservare contemporaneamente sia il video che l’affresco, ed essere così spettatore di una connessione tra nuovo e antico in un intreccio che passando attraverso tempo, materiali ed arte contemporanea prende forma negli spazi di carattere rinascimentale di Palazzo Strozzi. All’interno di un già ampio dialogo tutto ciò crea un’ulteriore conversazione che invita il visitatore a partecipare e contribuire, oltre che ad interagire personalmente con le tradizionalmente inavvicinabili opere rinascimentali, che assumono qui nuova prospettiva in quanto accostate a moderni lavori artistici.

Un esempio di queste conversazioni all’interno di una più ampia conversazione è The Path (2002), installazione costituita da uno schermo di oltre dieci metri nel quale un filmato mostra persone di diversa età e nazionalità mentre camminano tra gli alberi di una foresta. Lo schermo è collocato in una posizione tale che gli stessi visitatori sembrano non più essere all’interno di un ambiente museale, ma muoversi in uno spazio simile a quello mostrato dal filmato. Poltrone posizionate strategicamente consentono ai visitatori di accomodarsi, osservare e meravigliarsi di fronte ad entrambe le performance, oltre che di fronte alla forza narrativa della realtà che imita l’arte.

Anche le installazioni esposte negli ambienti della Strozzina sono permeate dai temi di umanità e natura. La mostra inoltre si estende alla Galleria degli Uffizi e al Museo dell’Opera del Duomo nei quali i lavori di Bill Viola dialogano con alcuni capolavori di quelle istituzioni. Al Museo dell’Opera del Duomo i visitatori possono richiedere una speciale combinazione di biglietti che consente l’ingresso anche a Palazzo Strozzi.

Tesori Inesplorati. Le biblioteche dell’Università di Firenze in mostra

Tesori Inesplorati fig.1

Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 15 febbraio – 23 giugno 2017

Di Caterina Zaru (Università degli Studi di Firenze)

La mostra che si tiene alla Biblioteca Medicea Laurenziana fino al 23 giugno prossimo, si pone lo scopo di dare visibilità al vasto e preziosissimo patrimonio librario e documentario, conservato presso le varie sedi delle Biblioteche dell’Università di Firenze e che conta circa quattro milioni di volumi.

L’esposizione trova posto all’interno di un’altrettanto prestigiosa biblioteca, quella Laurenziana, che porta le firme illustri di Michelangelo Buonarroti, Giorgio Vasari e Bartolomeo Ammannati. L’ingresso alla mostra, perciò, risulta quantomeno affascinante: il percorso obbligato, infatti, conduce il visitatore prima attraverso il vestibolo, poi lungo il vasto salone di lettura. Si accede, quindi, agli spazi espositivi, suddivisi nelle aree tematiche, che rispecchiano le principali sezioni disciplinari, di cui i documenti in mostra si fanno testimoni: Il corpo umano e la sua cura, Le scienze naturali, Alle origini del diritto, Le scienze applicate, Gli studi umanistici.

La prima sala, dedicata alla prime due sezioni, risulta particolarmente evocativa e coinvolgente, anche dal punto di vista sensoriale. L’allestimento delle teche contenenti i volumi e chiaramente disposte lungo le pareti della sala per indirizzare il visitatore verso il proseguo della mostra, sono accompagnate da schermi che danno, giustamente, visibilità alla realizzazione di importanti progetti di digitalizzazione, compiuti dal Sistema Bibliotecario di Ateneo. Completa il tutto un piacevole sottofondo musicale. Tutte le sale, come la prima, sono fornite di strumenti utili alla comprensione di quanto esposto e del fine della mostra. Schermi e pannelli interattivi, permettono di visualizzare immagini dei documenti non esposti, informazioni aggiuntive alle didascalie delle opere e, soprattutto, i volumi e i documenti pazientemente digitalizzati.

Il percorso prosegue, quindi, con la sala dedicata alla storia del diritto, di cui se ne ripercorrono le tappe fondamentali, attraverso una selezione di documenti provenienti dal Fondo del Collegio degli Avvocati, che raccoglie oltre 12 000 volumi, e con la sezione Scienze Applicate, che si propone di esporre i pezzi maggiormente significati del patrimonio librario della Biblioteca di Scienze Tecnologiche, nella quale sono compresi i fondi delle scuole di Agraria, Architettura e Ingegneria.

La parte dedicata alla Biblioteca Umanistica necessita di un’attenzione particolare. Essa è sua volta suddivisa in sottosezioni, tra cui si segnala quella dedicata a Firenze, il Mediterraneo e l’Oriente, che espone preziosi papiri ed è accompagnata da un arazzo raffigurante l’incontro tra il costume occidentale fiorentino e quello orientale. Questa ulteriore frammentazione, risulta effettivamente efficace per dare un’immagine chiara dell’immenso patrimonio dell’Umanistica, stimato ad oltre il 1 600 000 di volumi. La Biblioteca, con i suoi sessanta fondi librari ed archivistici, 35 700 edizioni antiche, manoscritti e carte geografiche, è depositaria di una memoria culturale di immenso valore e merita per questo di mostre come quella che stiamo descrivendo, che ne mettano in luce il prezioso contenuto. A questo proposito, degna di nota è la mostra collaterale che si tiene dal 6 marzo al 7 aprile presso la sede della stessa Biblioteca Umanistica, in piazza Brunelleschi. Essa presenta una campionatura dei giacimenti documentari, che, insieme a quelli della mostra principale, presentano in modo esemplare le linee di sviluppo di questo ramo di studi. Inoltre, l’esposizione di piazza Brunelleschi, recupera i percorsi di studio proposti dalla mostra digitale. In effetti, il sito on-line del Sistema Bibliotecario di Ateneo, mette a disposizione un ricco materiale documentario in formato digitale, accompagnato da interessanti schede descrittive, fornendo agli interessati e a chiunque ne voglia fare uso, un utile strumento per approfondire le tematiche affrontate e rendere ancora più visibile un’iniziativa degna di avere un largo pubblico, perché il nostro patrimonio librario, non sia più inesplorato, bensì venga conosciuto, apprezzato e tutelato, come un prezioso tesoro.

 

 

 

 

Tesori inesplorati fig.2

Translation by Rachyl Grussing (Istituto Lorenzo de’Medici)

The show that is being held in the Laurentian Library until the 23rd of next June, has the express goal to give visibility to the vast and precious heritage of books and documents held and conserved at various offices of the University of Florence Library, which  number around four million volumes. The exhibition is found inside the equally prestigious library, the Laurentian, which holds works by the famous Michelangelo Buonarroti, Giorgio Vasari and Bartolomeo Ammannati. The entrance to the show, therefore, is at the very least fascinating: in fact, the obligated path leads through the vestibule, then along the vast reading room. Access to the exhibition is subdivided into themes, which respond to the principle disciplinary sections that the documents give testimony: the human body and its cure, the natural sciences, origins of the law, applied sciences, the humanities.

The first room, dedicated to the first section, is particularly evocative and engaging from a sensory point of view. The set of display cases containing the volumes are clearly arranged and displayed along the wall and direct the visitor towards the continuation of the exhibition, are accompanied by screens that rightly give visibility to the realization of the important progression of digitization being completed by the University Library System. It is accompanied by pleasant music. All of the rooms, like the first, are equipped with tools of understanding at the beginning and end of the exhibition. Screens and interactive panels show the documents not on display, additional information to the captions of the works, and above all, the patiently scanned documents.

The show continues, then, with the room dedicated to the history of law, where they retrace milestones through a selection of documents from the Fund of the College of Lawyers, which includes over 12000 volumes, and with the Applied Sciences section, which aims to expose the pieces of major significance of the Library of Science and Technology, which includes the founding of the Agriculture, Architecture, and Engineering Schools.

The part dedicated to the Humanities required special attention. It is further divided into sub-sections, among which one is dedicated to Florence, the Mediterranean, and the East, which exhibits precious papyrus and is accompanied by a tapestry depicting the meeting between the Florentine costume and the Eastern costume. This further fragmentation results in actually effective in giving the imagination a clear sense of the immense heritage of the Humanities Library, estimated at over 1,600,000 volumes. The Library, with its sixty libraries and archives, 35700 antique editions, manuscripts, and maps, is the repository of a cultural memory of immense value and deserves, like the exhibition that we have been describing, to highlight this precious content. To this end, it is worthy to note the collateral exhibition held from March 6th to April 7th at the same Humanities Library in the Piazza Brunelleschi. It presents a sampling of documentary deposits, which, together with the main exhibition, present in an exemplary manner the lines of development of this branch of study. In addition, the exposure of Piazza Brunelleschi revives the path of study offered by digitization. In fact, the online website of the University Library System provides a rich deposit of material in digital format, accompanied by interesting descriptions, for anyone interested to use as an instrument for studies, and makes the collection a visible initiative worthy of having a broad audience, because the heritage of our library is no longer unexplored but is known, appreciated and protected, like a precious treasure.