Santa Croce and the Angeli del Fango: museum stories
By Marie-Claire Desjardin (Istituto Lorenzo de’ Medici)
Upon entering the Basilica of Santa Croce it is easy to be overwhelmed by the spectacular beauty of the Early Renaissance frescoes, the cavernous space, and the many famed Florentines who are entombed in the Franciscan church. The museum, which can be found to the left of the courtyard near the exit to the complex, reminds us that not long ago these treasures risked being lost forever.
Visitors are invited to reflect upon the temperamental nature of the Arno. For centuries rising water levels threatened the city’s residents and the many priceless masterpieces throughout the city. The river has been recorded to have flooded 56 times since 1177, something which the museum communicates to visitors almost immediately with makers showing the various water levels of particularly devastating occasions. Over the last 5 centuries the worst occurrence began the 4th of November 1966, killing 101 people and destroying countless artworks, books, and historical documents preserved around the city. The basilica of Santa Croce was extensively damaged, and restorations in the church continue to the present day.
Opened in 1900, the museum space occupies what was once the dining hall, and several successive smaller rooms, for the Franciscan friars. The collection is made of centuries of decorations that have been removed for conservation or replaced with later works throughout the long history of the church. Restorative efforts after the 1966 flood forced the museum to close to the public until 1975, the year when Cimabue’s crucifix was returned to the complex. The space now host various events including conferences and concerts outside of visiting hours.
Housed in what was originally the refectory, the museum’s entrance hall preserves Taddeo Gaddi’s Last Supper. Between 1334 and 1366 Gaddi dedicated 30 years of his life to decorating the cavernous space, and his passionate labour is evident in the spectacular fresco that remains. The intricate decorative pattern, divided into 6 individual narratives, immediately draws visitor’s attention in the otherwise sparsely decorated space. The extent of the damage is hard to imagine when observing the vibrant pigments conserved in the 14th century masterpiece. However, a closer examination shows the watermark 5 meters above ground level indicated by a horizontal band running across the wall. The lowest section, that depicting the last supper, bares the most significant signs of damage. After the flood the fresco was in such terrible condition that it had to be detached from the wall for restoration, but thankfully has been returned to its original location.
Giorgio Vasari’s monumental 1545 Last Supper can also be found in the museum’s main entrance hall. Damage to the enormous painting was so severe that only after a 2016 collaborative restoration involving the Opificio delle Pietre Dure and the Getty Foundation was the painting finally returned to public view. 50 years after the flood damage occurred restoration techniques had advanced enough to allow for the panels to be reunited, and the painting was returned to Santa Croce. It is now displayed alongside a small scale model illustrating the counterweights specially designed and manufactured for the painting that allow for it to be mechanically raised in case of future flood warnings.
Freestanding wall texts throughout the museum remind visitors of what risked being completely lost after the flood, and of the heroic restorative efforts that helped to preserve the church. Just before leaving the museum’s main room visitors are invited to use an interactive display screen to examine historical photographs and read more extensively about the devastating flood. While the effect of the images is shocking, the overall message of the museum is both proud and hopeful for the collaborative effort that helped to restore and maintain priceless masterpieces throughout the city. Immediately after the flood a group of national and international volunteers dubbed the ‘Angeli del Fango’, or ‘Angels of the Mud’, assembled to help with relief all over Florence and the other cities hit particularly hard by the flooding. Comprised mainly of young volunteers, the group provided not only essential aid to recuperate art and restore the city, but helped to connect across a generational divide restoring faith for the future.
More than 50 years after the disaster preservation efforts continue. During the entire month of November visitors to the church were able to observe conservation specialists from the Opificio delle Pietre Dure restoring Vasari’s 1572 Christ meeting Veronica on the Way to Calvary, the Altarpiece that marks Michelangelo Buonarroti’s family tomb. While the church itself may be a monument to Italian greats, the museum stands as a monument to restoration, conservation and the possibility to overcome disaster.
Museo di Santa Croce
Santa Croce e gli Angeli del Fango: racconti museali
Di Marie-Claire Desjarin (Istituto Lorenzo de’ Medici)
Entrando nella Basilica di Santa Croce è facile essere travolti dalla spettacolare bellezza degli affreschi del primo Rinascimento, dall’ambiente monumentale, e dai molti famosi fiorentini sepolti nella chiesa francescana. Il museo, che si trova alla sinistra del cortile vicino all’uscita del complesso, ci ricorda che non molto tempo fa questi tesori rischiavano di essere perduti per sempre.
I visitatori sono invitati a riflettere sulla natura imprevedibile dell’Arno. Per secoli l’alzarsi del livello dell’acqua ha minacciato gli abitanti della città e gli inestimabili capolavori di Firenze. Il Museo pone fin da subito l’attenzione sulla portata dell’alluvione, attraverso i segni che indicano i vari livelli raggiunti dall’acqua nella sala d’ingresso in occasione di eventi particolarmente devastanti.
I pannelli esplicativi, posti all’interno del museo e nel cortile esterno, illustrano la storia delle inondazioni nel corso dei secoli attraverso testi scritti e fotografie storiche. Il Museo di Santa Croce chiede ai visitatori di confrontarsi con il tragico evento dell’alluvione del 1966 che ha spazzato via la città distruggendo innumerevoli opere d’arte, libri, e documenti storici.
La Basilica di Santa Croce fu gravemente danneggiata, e i restauri nella chiesa continuano tutt’oggi.
Aperto nel 1900, il museo occupa uno spazio che in precedenza comprendeva la sala da pranzo dei frati francescani e altre stanze limitrofe più piccole. La collezione consta di opere realizzate nel corso dei secoli che sono state rimosse per motivi conservativi o sostituite da opere più tarde durante la lunga storia della chiesa. I necessari interventi di restauro a seguito della devastante alluvione costrinsero il museo a chiudere al pubblico fino al 1975, anno in cui il Crocifisso di Cimabue fu ricollocato in sede.
Lo spazio oggi ospita molti eventi comprese conferenze e concerti che si svolgono fuori dall’orario delle visite.
Situata nel refettorio, la sala di ingresso del museo ospita L’Ultima Cena di Taddeo Gaddi.
Fra il 1334 e il 1366 Gaddi dedicò trent’anni della sua vita a decorare il monumentale ambiente, e la sua dedizione al lavoro è evidente nel grandioso affresco che si è conservato. Il complesso schema decorativo, diviso in sei diverse scene, cattura immediatamente l’attenzione dei visitatori rispetto al restante spazio, altrimenti poco decorato. L’estensione del danno è difficile da concepire quando si osservano i vibranti pigmenti ancora oggi visibili nel capolavoro del XIV secolo. Ma un esame ravvicinato dell’opera mostra il segno dell’acqua che era arrivata a 5 metri sopra il livello del pavimento indicato da una linea orizzontale che corre lungo il muro. Attraverso il restauro conservativo, che ha mantenuto le lacune dell’affresco, il museo mostra l’entità del danno che ha rischiato di distruggerlo completamente.
Nella sala di ingresso del museo, si può osservare anche la monumentale Ultima Cena di Giorgio Vasari del 1545.
Il grande dipinto fu sommerso quasi interamente dall’acqua, e i pannelli di legno che lo compongono dovettero essere separati al fine di conservare ciò che era rimasto.
Solo nel 2016 dopo un restauro eseguito in collaborazione fra l’Opificio delle Pietre Dure e la Getty Foundation il dipinto tornò finalmente ad essere visibile al pubblico. Il museo espone l’opera a fianco di un piccolo modello in scala che illustra gli speciali contrappesi progettati e realizzati per il dipinto che permettono alla stessa opera di alzarsi meccanicamente in caso di future minacce di inondazione.
Appena prima di lasciare la sala principale, i visitatori sono invitati ad interagire con un display multimediale per vedere fotografie storiche e leggere documenti che descrivono la devastante alluvione. Il dispositivo serve a coinvolgere coloro che potrebbero essersi fatti sfuggire i pannelli esplicativi del cortile. Se l’effetto provocato dalle immagini è scioccante, tuttavia il messaggio generale del museo è sia d’orgoglio che di speranza per l’impegno di collaborazione che ha aiutato a restaurare e conservare inestimabili capolavori di tutta la città.
A distanza di più di 50 anni dal disastro, l’impegno nel campo del restauro prosegue. Durante tutto il mese di Novembre i visitatori possono osservare, in chiesa, specialisti della conservazione dell’Opificio delle Pietre Dure che restaurano Cristo incontra Veronica sulla via del Calvario di Vasari, del 1572, la pala d’altare sulla tomba di famiglia di Michelangelo Buonarroti. Mentre la chiesa stessa può essere considerata un monumento della grandezza italiana, il museo rappresenta un pilastro della storia del restauro, della conservazione e della capacità di affrontare i disastri naturali.
Traduzione di Camilla Torracchi (Università di Firenze)
Photo courtesy Marie-Claire Desjarin