Il Potere dello Sguardo

By Daniela Quardrelli (University of Florence)

 

On the 450th anniversary of the death of Michelangelo Buonarroti (18 February 1564) the city of Florence rendered homage to the great sculptor through a series of expositions and conferences, among them was the exhibit “Il Potere dello Sguardo”, held by the Museo delle Capelle Medicee which ends on the 15th of March.

It is about more than 23 photographs, which portray the sculptures of Sagrestia Nuova, of the David and of the Prigioni (Prisoners) by Michelangelo realized through the photographs of Aurelio Amendola. Amendola, with his enlarged images, allows to closely observe so that we can almost ‘touch’ with our eyes the surfaces of Michelangelo’s sculptures. In this way, we can perceive the smoothness and the roughness of the material, the small ruts and natural imperfections of the marble. This perception is amplified using contrasting light and shadow that immerses us into the atmosphere of magic and mystery. This technique allows the sculptures to seem as if they are emerging from a chapel giving them a sacred aura. This technique stresses all the particulars that eyes less observant miss. It invites us to “enter the sculpture”, and proceeding as Michelangelo “per via di togliere”.

It seems as if we can touch the smooth face of Aurora, together with the small scratches on the surface of the marble. The seriousness of the Duca d’Urbino emerges from the enlargement of his gesture as well as the impressive musculature of the Giano, the modeling of the face of the mask adjacent the Notte, the plasticity of the skin folds and the mystery of the gaze of the Duca di Nemours.

The exposition is set up in the central part of the underground crypt, in the two lateral chapels and along the pathway, passing through the Cappella dei Principi, brings us to Sagrestia Nuova.

In the center of the crypt, the black and white photographs are supported with grey panels and are spaced by columns with capital moldings. The fitting seems to recall Renaissance architecture. In front of the entrance one of the panels has an opening topped with a triangular pediment opens the view on the altar of the crypt. At this point the evocative ambiance loses its aura with the presence of a bulky touchscreen, which without activity has a screensaver with lines in florescent colors.

How can the visitors immerse within the Renaissance atmosphere or perceive the sacredness of the place?

On the screen it shows a preview of the book “Michelangelo: La dotta Mano” and within this book there are 83 photographs of the masterpieces of Michelangelo (David, Prisoners, La Pieta, il San Sebastiano, il Tondo Doni, etc.) and drawings from Casa Buonarroti.

The lack of text panels makes it difficult to comprehend the message of the exhibit. In fact, the only instrument of information within the entire exhibit is the label of the photographs that report the subject, the material, and the height.

A cord is placed one meter from the panels and disturbs the visit. This security measure appears exaggerated because a few meters from them there is a security guard.

The lighting is realized with a lot of spotlights that are positioned at the same height of the panels, directly on the ceiling in order to diffuse the light homogeneously. Looking at the technique of the photographer and the works of Michelangelo, dim light could help with meditation and concentration, and if the spotlights were directed on the works, the photographs would be seen in the right way.

We can find inadequacy within the curating structure not only within the crypt but also on the second floor, where there are four photographs donated by the artist which are poorly visible due to the reflections on the cases.

Finally, with access to the Sagrestia Nuova we can admire the same work as seen in the photographs. Going towards the exit the visit is concluded with photos of the Prisoners, which are placed in a recess near the bookshop. Regrettably, the reliquaries are also placed here where visitors mistake them for purchasable items.

With the ticket of the exhibition, you can also visit the Museo della Cappelle Medicee.

For more information, visit the website:

http://www.polomuseale.firenze.it/mostre/mostra.php?t=52cd81f7f1c3bcfc070000e2

 

Il potere dello sguardo

Daniela Quadrelli (Università di Firenze)

A 450 anni dalla morte di Michelangelo Buonarroti (18 febbraio 1564) la città di Firenze rende omaggio al grande scultore attraverso una serie di esposizioni ed incontri, tra cui la mostra “Il potere dello sguardo” ospitata nel Museo delle Cappelle Medicee fino al 15 Marzo.

Si tratta di oltre 23 fotografie che ritraggono le sculture della Sagrestia Nuova, del David e dei Prigioni di Michelangelo realizzate dal fotografo Aurelio Amendola il quale, attraverso le sue “gigantografie”, ci permette di osservare da vicino, fin quasi a “toccare” con gli occhi, la superficie delle sculture Michelangiolesche, facendoci percepire la levigatezza e la ruvidità della materia, i piccoli solchi e le naturali imperfezioni del marmo. Questa percezione è amplificata dall’uso del contrasto luce/ombra che, oltre a farci immergere in un’atmosfera magica e misteriosa, sembra far emergere le sculture dal buio di una cappella conferendogli così un’aura di sacralità. Questa tecnica permette inoltre di sottoporre allo sguardo dell’osservatore quei particolari che un occhio poco attento non coglie, invitandoci ad “entrare dentro la scultura”, a procedere come Michelangelo “per via di togliere”.

Dell’Aurora ci sembra di poter toccare il suo volto liscio e candido, insieme alle piccole graffiature della superficie marmorea. La serietà del Duca d’Urbino emerge dall’ingrandimento del suo gesto così come l’imponente muscolatura del Giano, il modellato del volto della maschera che affianca la Notte, la plasticità della carne che mostra le sue pieghe e il mistero nello sguardo del Duca di Nemours.

L’esposizione è allestita nella parte centrale della cripta sotterranea, in due cappelle laterali e lungo il percorso che, passando per la Cappella dei Principi, porta alla Sagrestia Nuova.

Al centro della cripta, a supporto delle foto in bianco e nero, sono stati collocati una serie di pannelli grigi, intervallati da finte colonne con capitelli modanati. In questo modo l’allestimento sembra voler alludere alle sembianze di un’architettura Rinascimentale. Infatti dalla parte opposta dell’ingresso uno dei pannelli presenta un’apertura sormontata da un timpano triangolare che apre la vista prospettica sull’altare della cripta. A questo punto l’ambientazione evocativa perde la sua aura con la presenza di un ingombrante schermo touch, proprio in corrispondenza dell’apertura, che nei momenti di inattività manda in loop uno screensaver fatto di linee fluorescenti colorate. Come può l’osservatore calarsi nel Rinascimento e percepire la sacralità del luogo?

Così immersi nella realtà digitale sfogliamo in anteprima il volume “Michelangelo. La dotta mano” nel quale si raccolgono 83 scatti delle maggiori opere scultore di Michelangelo (il David, i Prigioni, la Pietà, Il San Sebastiano, il tondo Doni, etc.) a cui si affiancano disegni provenienti da Casa Buonarroti.

La mancanza di pannelli esplicativi rende un difficile comprendere il messaggio. Infatti l’unico strumento di informazione di tutta la mostra sono le didascalie poste accanto ad ogni fotografia che riportano il soggetto ritratto, il materiale e la sua altezza.

A penalizzare la visita è anche una corda posta a circa un metro di distanza dai pannelli: questa misura di sicurezza appare decisamente esagerata considerato che a pochi metri c’è la sorveglianza.

L’illuminazione invece è realizzata con un gran numero di faretti, posizionati all’altezza dei pannelli ma indirizzati sul soffitto in modo da creare una luce diffusa ed omogenea. Osservando la tecnica del fotografo e le opere di Michelangelo, la penombra aiuterebbe il raccoglimento e la concentrazione e, se i faretti fossero diretti sulle opere, queste potrebbero venir valorizzate nella giusta misura.

Una scarsa cura espositiva si ritrova anche al piano superiore dove vi sono 4 fotografie donate dall’artista le quali, essendo coperte da un vetro, sono malamente visibili a causa del riflesso.

Con l’accesso alla Sagrestia Nuova possiamo ammirare quelle stesse opere viste in fotografia. Avviandoci verso l’uscita la visita si conclude con le foto dei Prigioni collocate nella tribuna vicino al bookshop dove dispiace vedere come i pregiati reliquari della collezione permanente del museo siano affiancati a espositori di cartoline, quasi come se fossero anch’essi in vendita.

Nel biglietto della mostra è compresa la visita al Museo della Cappelle Medicee.

Per ulteriori informazioni, visitare il sito:

http://www.polomuseale.firenze.it/mostre/mostra.php?t=52cd81f7f1c3bcfc070000e2

Giorgio Castelfranco from Leonardo to de Chirico. The papers of a Jewish intellectual during Italian Fascism.

By Giulia Bagni (University of Florence)

 

In range of the commemoration of the Memorial Day (January 27, for the liberation of Auschwitz) the Tuscan Region dedicated at the Museo Casa Rodolfo Siviero property of the region, a small exhibition about Giogio Castelfranco, a critic and Jewish art historian.

Castelfranco, he worked for the Soprintendenza of Florence and before the declaration of the racial laws that forced him to leave his employment and the city, he lived with his wife in a small villa in Lungarno Serristori. Today it holds the Museo Casa Siviero and is named so because of the last person who purchased the house after the Second World War.

Castelfranco was interested in not only Renaissance art but also Contemporary art and he became a strong friend, at the beginning of the 1920’s with the de Chirico brothers who often stayed at the small villa. Castelfranco was a patron and collector of the brother’s artwork.

The exhibition opens with a video interview, taken inside Castefranco’s small villa, of the nephew of Giorgio Castelfranco. The old woman remembers that during her childhood she frequently visited her uncle’s house and remembers seeing the de Chirico brothers; she talked about the relationship between them and the friendship her uncle ties with Siviero who helped the family during the war. She guides us through the rooms of the house and illustrates how they were decorated and the paintings of Giorgio de Chirico that they had.

At the wall of the access room where the video is, there are the prints, which represent the artwork of de Chirico (paintings and drawings) which Giorgio Castelfranco owned, and which he was forced to sell at the beginning of the 1940’s. Today, except from some of which we do not know their location, these works are in private collections.

The scholars have reconstructed the contents of the collection thanks to the archive of Castelfranco, donated to Villa i Tatti, and some of these documents are displayed in the exhibit: plate photographs of the works, the notes of Castelfranco about Giorgio de Chirico, catalogues of art galleries which displayed the paintings of the artist are accompanied by a presentation written by Castelfranco, and a series of papers which document the sale of the collection through two Milanese galleries.

The didactic set up is not exhaustive and the visitor who does not know anything about Castelfranco and his story, can’t catch the real meaning of all these objects and they can’t distinguish them from those that are part of the permanent collection of the museum. Fortunately, this small exposition is accompanied by two small publications, which the visitors are given for free, which wants to illustrate this theme.

Contemporarily through the exhibition, it is possible to visit the rest of the museum, which houses works of the collection of Rodolfo Siviero and his library. Also in the museum there is a lack of display information, even if we have to consider the fact that in a casa museo curators try to leave the objects where the owner placed them. The curators are trying to increase the didactic set up through a handout in both Italian and English that describes the objects displayed in every room. Unfortunately, the handout is only available for now in some rooms.

The exhibit is free and open until the 31st of March. For more information, please visit the site:

http://www.museumcasasiviero.it/ww4_siviero/attivita.page?docId=1308

 

Giorgio Castelfranco da Leonardo a de Chirico. Le carte di un intellettuale ebreo nell’Italia del fascismo.

Giulia Bagni (Università di Firenze)

Nell’ambito delle commemorazioni per il giorno della memoria la Regione Toscana ha voluto dedicare, all’interno della Museo Casa Rodolfo Siviero di cui è proprietaria, una piccola mostra alla figura di Giorgio Castelfranco, critico e storico dell’arte ebreo.

Castelfranco, funzionario della Soprintendenza fiorentina, prima della promulgazione delle leggi razziali che lo costrinsero a lasciare l’impiego e la città, viveva insieme alla moglie nel villino di Lungarno Serristori che oggi ospita il museo Casa Siviero in quanto quest’ultimo lo acquistò dalla famiglia nel Dopoguerra.

Castelfranco si interessava, oltre che all’arte rinascimentale, anche a quella contemporanea, tanto da stringere una forte amicizia, all’inizio degli anni venti, con i fratelli de Chirico che soggiorneranno spesso presso la sua dimora e di cui diverrà mecenate, promotore e soprattutto collezionista.

La mostra si apre con una video intervista, registrata all’interno del villino, alla nipote di Giorgio Castelfranco. L’anziana signora ricorda come durante la sua infanzia, frequentando regolarmente la casa dello zio, avesse spesso incontrato i fratelli de Chirico; ci racconta i rapporti intercorsi tra di loro e anche l’amicizia che lo zio strinse con Siviero il quale aiutò la famiglia durante la guerra; ci guida nelle stanze della casa illustrando come erano arredate e i quadri di Giorgio de Chirico che ospitavano.

Alle pareti del disimpegno in cui si trova la postazione video, sono attaccate delle stampe che rappresentano la opere di de Chirico (quadri e disegni) che Giorgio Castelfranco possedeva e che fu costretto a vendere all’inizio degli anni quaranta; oggi, ad eccezione di alcune di cui non si conosce l’ubicazione, esse sono confluite in collezioni private.

Gli studiosi hanno ricostruito la consistenza della raccolta grazie all’archivio Castelfranco, donato a Villa i Tatti, e di cui sono presenti in mostra alcuni documenti: lastre fotografiche delle opere, studi di Castelfranco sui lavori di Giorgio de Chirico, cataloghi di Gallerie d’arte che presentavano opere dell’artista corredati da una presentazione del critico, e una serie di carte che documentano la vendita della sua collezione tramite due gallerie milanesi.

L’apparato didascalico e didattico non è molto esaustivo e un pubblico che non sia già a conoscenza della figura dello studioso e della vicenda della sua collezione, non riesce a cogliere il filo che lega gli oggetti esposti, ma soprattutto a distinguerli da quelli che fanno parte della collezione permanente del museo. Fortunatamente questa piccola esposizione è accompagnata da due agili pubblicazioni, che i visitatori possono prendere gratuitamente, le quali intendono illustrare queste due tematiche.

Contestualmente alla mostra, è possibile visitare anche il resto del museo che ospita opere della collezione di Rodolfo Siviero e la sua biblioteca. Anche qui si notano delle carenze dal punto di vista espositivo, anche se bisogna tener conto che, trattandosi di una casa museo, si tende a mantenere gli oggetti nella medesima posizioni in cui li aveva disposti il proprietario. I curatori stanno cercando, rispetto agli anni passati, di incrementare l’apparato didascalico attraverso la redazione di schede sia in italiano che in inglese, messe a disposizione del pubblico, in cui sono descritte sommariamente le opere esposte, compresa la mobilia. Schede che purtroppo, per ora, sono presenti solo in alcune stanze della casa.

La mostra, gratuita, resterà aperta fino al 31 marzo. Per maggiori informazioni visitare il sitohttp://www.museocasasiviero.it/ww4_siviero/attivita.page?docId=1308

Once in a Life Time. The treasures from the archives and libraries of Florence.

Giulia Bagni (University of Florence)

The things you’re looking for, Montag, are in the world, but the only way the average chap will ever see ninety-nine per cent of them is in a book.

R. Bradbury, Fahrenheit 451

Held in the Sala Bianca and Sala di Bona in the Palazzo Pitti until April 27th, the exhibition presents to the public a particular category of objects: precious paper documents from the archives and the libraries of Florence. These institutions are strongly established in the city (for example the archive of the Misericordia or of the Accademia della Colombaria) often citizens forget their existence and neglect the historical and social importance.

The visitor, after entering the Sala Bianca, is impeded by high panels in blue that prevent them from viewing behind them. After the moving past the panels, thanks to an opening flanked by two pillars, which simulate a monumental entrance, to the right and to the left of the visitor opening many small “cells”, each separated from the other. At the end of this room there is a photo enlargement of the drawing of Domenico Maria Manni representing the interior of a library (1666).

Every cell has the name of the library or the archive from which the documents that are displayed came from. These precious and delicate papers are held in showcases, accompanied with labels that clarify the content of the documents and give other information among the year of the draft and the possible author.

The lighting helps to create an atmosphere of concentration because the rooms are completely dark except for the showcases, which are internally lit, in a way more or less intense for the conservation.

Every drawing, treatise, document and book, can be observed with calm and attention, and the setting helps to create a sense of intimacy.

The variety of the displayed pieces total to 133 documents – from a law by Pietro Leopoldo that abolished the death penalty to the first issue of the Mickey Mouse magazine, from watercolors by Montale to the sketch of Fattori, from the architectural treatise of Francesco di Giorgio Martini to the lessons of Galileo about Dante’s Inferno – makes the exhibition stimulating and never boring because it is able to capture and renew the attention of the visitor in every section with surprising documents which witness the richness of the Florentine collections.

In the Sala di Bona there is a touch screen, which makes it possible to virtually flip through some of the documents seen before. Further, it is possible to watch a video where the protagonist is a child who visits some of the institutions that have loaned their documents. In addition to teaching those who do not frequent these institutions about the diverse architecture, the video sends a clear message: the only way to keep alive archives and libraries and save them from oblivion, negligence, and destruction is to make them known and to frequent them usually.

The final room takes the visitor to reflect upon the fragility of these unique treasures; fragility that becomes perceptible during natural disaster, like the flood of 1966 in Florence, and the bombing by the mafia in 1993 near the Uffizi. In this section there are photographic enlargements that represent those dramatic moments and within a showcase there are two flood-damaged books that are still awaiting restoration and a third book that which has ‘exploded’ and is forever lost.

By purchasing the ticket to the temporary exhibition it is possible to also visit the Galleria Palatina and the Galleria d’Arte Moderna of the Palazzo Pitti. All of the texts in the exhibit are in both Italian and English.

For more information visit the website:

http://www.polomuseale.firenze.it/mostre/mostra.php?t=52d3fb73f1c3bcd809000009

 

Una volta nella vita. Tesori dagli archivi e dalle biblioteche di Firenze.

Giulia Bagni (Università di Firenze)

Le cose che voi cercate, Montag, sono su questa terra, ma il solo modo per cui l’uomo medio potrà vederne il 99% sarà un libro.                                                                  

R. Bradbury, Fahrenheit 451

Ospitata nella sala Bianca e nella sala di Bona di Palazzo di Pitti fino al 27 aprile, l’esposizione presenta al pubblico una particolare categoria di oggetti: preziosi documenti cartacei provenienti da archivi e biblioteche fiorentine. Si tratta di istituzioni fortemente radicate nella città (basti pensare agli archivi della Misericordia o dell’Accademia della Colombaria) di cui spesso i cittadini dimenticano l’esistenza e trascurano l’importanza storica e sociale.

Il visitatore, una volta entrato nella sala bianca, è accolto da un’alta pannellatura di colore blu intenso che impedisce di vedere cosa ci sia al di là di essa. Dopo averla attraversata, grazie ad un’apertura fiancheggiata da due pilastri che simulano un ingresso monumentale, alla destra e alla sinistra del visitatore si aprono tante piccole “celle”, separate le une dalla altre. In fondo alla sala, come in una veduta prospettica, campeggia la gigantografia di un disegno di Domenico Maria Manni raffigurante l’interno di una Libreria (1666).

Ogni cella prende il nome della biblioteca o dell’archivio da cui sono stati tratti i documenti esposti. Questi preziosi e delicati reperti cartacei sono ospitati all’interno di teche, accompagnati ognuno da una didascalia che chiarisce il contenuto del documento e fornisce altre informazioni tra cui l’anno in cui è stato redatto e l’eventuale autore.

L’illuminazione contribuisce a creare un’atmosfera di raccoglimento in quanto le sale sono completamente buie, eccetto naturalmente le teche che sono illuminate internamente e in modo più o meno intenso per motivi di conservazione.

Ogni disegno, trattato, documento o libro può essere osservato con calma e attenzione, e l’allestimento contribuisce a creare un senso di intimità.

La varietà dei pezzi esposti, in tutto 133 documenti – dall’atto di Pietro Leopoldo con cui si aboliva la pena di morte in toscana al primo numero di topolino, dagli acquerelli di Montale ad uno schizzo di Fattori, dal trattato di architettura di Francesco di Giorgio Martini alle lezioni di Galileo sull’inferno di Dante – rende la mostra stimolante e mai noiosa perché riesce a catturare e rinnovare, ad ogni sezione, l’attenzione del pubblico con documenti veramente sorprendenti che testimoniano la ricchezza di queste raccolte fiorentine.

All’interno della sala di Bona si trova uno schermo touch grazie al quale si possono sfogliare virtualmente alcuni dei documenti visionati precedentemente. Inoltre è possibile vedere un video che ha come protagonista un bambino intento a visitare alcune delle istituzioni che hanno prestato i vari pezzi. Oltre a far conoscere a chi non frequenta abitualmente questi luoghi le diverse architetture, il video vuole lanciare un messaggio chiaro: l’unico modo per mantenere vivi archivi e biblioteche e salvarli dall’oblio, dall’incuria e dalla distruzione è farli conoscere e frequentarli usualmente.

L’ultima sala conduce il visitatore a riflettere proprio sulla fragilità di questi tesori unici; fragilità che diventa percepibile in occasioni di calamità naturali, come l’alluvione che nel 1966 colpì Firenze, e attentati, come la strage dei Georgofili. Alle pareti della sezione ci sono gigantografie che raffigurano quei momenti drammatici e in una teca sono esposti due libri alluvionati che attendono di essere restaurati e un terzo, “esploso” e perduto per sempre.

Acquistando il biglietto della mostra è possibile visitare anche la Galleria Palatina e la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Tutti i testi della mostra sono sia in italiano che in inglese.

Per maggiori informazioni visitare il sito: http://www.polomuseale.firenze.it/mostre/mostra.php?t=52d3fb73f1c3bcd809000009

Pietro Annigoni: Presence of an Artist

By Maria Rosa Ventimiglia (University of Florence)

 

The exhibition is dedicated to Pietro Annigoni, however, we are surrounded by the work of Giovanni Michelucci who reconstructed the interior concept of the formerly known Palazzo Pucci, now host to the historic setting of Cassa di Risparmio di Firenze. Open to the public free of charge from 16 October 2013-6 January 2014, the exhibit aims to commemorate the presence of the great artist [Pietro Annigoni] from Milan in Florence in the twenty-five years of his death.

Emanuele Barletti, Arabella Cifani and Franco Monetti curate the exhibition. The exhibit was born from the collaboration between the Foundation Cassa di Risparmio di Firenze and the Foundation Guelpa of the city of Ivrea. This city, Ivrea, is where Abdone Croff was born, this man was a friend and patron of Pietro Annigoni. Croff collected many works by Annigoni during the years of their friendship. This collection merged within the Foundation Guelpa after following the wishes of Abdone Croff’s sister-in-law, Lucia Guelpa.

This collaboration has resulted in the need to make more than 150 works public, first in Florence and then Ivrea. The works belong to the two Trustees but also to numerous private collectors who, thanks to their generosity, have made this exhibition possible when the works would have otherwise been unreleased.

The artist’s works are characterized by a highly expressive and lyrical vision. They are divided into three main groups, which are easily distinguishable not only by the internal architecture of the building, but also to the great explanatory panels. These text panels are placed at the beginning of each room and have black and pink detail about each section.

The first room, paved with marble and lined with slabs of stone, has the function of presenting the artist. It begins with his life, told by Annigoni himself during an interview for the channel RAI. It continues with his works, which are all collected in a monumental monograph with an original ligature crafted in fine wood and leather. They were then placed on a tall lectern, giving visitors the opportunity to get acquainted with the works that they will encounter later.

The criterion chosen for this room emphasizes the association between Abdone Croff and Pietro Annigoni, but also to compare different works of art belonging to the two foundations. It highlights the unique chronological and thematic similarities from which it gives rise to the idea of collaboration.

After passing the entrance, the second room focuses solely on the exposure of new works belonging to private collectors, some of which are being displayed to the public for the first time. These unreleased works, which are clearly indicated on the panels, should have been emphasized greater and differentiated by using a display device.

Among the many singularities, there is also an abstract painting that draws our attention: a mixed media composition made only with those backgrounds of black, red and blue. It is a work that attests to the Annigoni’s will to grapple with Abstract art.

The few works of art that are part of the permanent collection of the Cassa di Risparmio di Firenze, which are normally exposed, disturb the exposition path. The monumental landscape of Niccolò Cannicci is unsuccessfully hidden from imposing portrait of Baroness Stefania Von Kories.

The great versatility of Annigoni, through the use of various artistic techniques, is confirmed in the last room. The space was intended to accommodate the numerous portraits of the people closest to the artist: the mixed technique for portraits of children, Benedetto and Ricciarda, to the pencil portrait of his mother, Teresa. The works shown in this room allows the visitor to immerse themselves for a moment in the private life of Annigoni: from retracing his days on his bike or his evenings in the company of his daughter who, as evidenced by a photos of the time, he used to entertain his family by playing the harp.

It is a beautiful exhibit, however, the visitor must have knowledge on the artist in order to appreciate the visit. In fact, without having an audio guide at all and text panels in English, the exhibit fails to attract a wider audience from the every day public of Via Bufalini.

For more information visit the website: http://www.firenzepost.it/2013/10/20/pietro-annigoni-opere-inedite-in-mostra-a-firenze/

 

Pietro Annigoni: Presenza di un artista.

Incorniciata da una delle più note ristrutturazioni di interni concepita da Giovanni Michelucci, la sede storica della Cassa di Risparmio di Firenze (l’antico Palazzo Pucci), la mostra dedicata a Pietro Annigoni, aperta al pubblico gratuitamente dal 16 ottobre 2013 al 6 gennaio 2014, si propone di commemorare la presenza del grande artista milanese a Firenze nel venticinquennale della sua morte.

L’esposizione curata da Emanuele Barletti, Arabella Cifani e Franco Monetti, nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Firenze e la Fondazione Guelpa della città di Ivrea. Tale città è infatti il luogo di nascita di Abdone Croff, amico e mecenate di Pietro Annigoni, il quale raccolse durante gli anni della loro amicizia, una grande quantità di opere dell’artista, poi confluite nella fondazione Guelpa per volere della cognata Lucia Guelpa. Questa collaborazione è quindi scaturita dalla volontà di rendere pubbliche, prima a Firenze e poi a Ivrea, più di 150 opere dell’artista appartenenti sia alle due fondazioni sia ai numerosi collezionisti privati che, grazie alla loro generosità, hanno reso possibile l’esposizione di opere inedite.

I lavori dell’artista, caratterizzati da una visione lirica ed estremamente espressiva, sono suddivisi in tre nuclei principali facilmente distinguibili grazie non soltanto alla struttura architettonica interna del palazzo ma soprattutto ai grandi pannelli esplicativi che, collocati all’inizio di ogni sala, presentano nero su rosa ogni dettaglio riguardante la sezione presentata.

La prima sala, pavimentata in marmo e rivestita da lastre di pietra serena, ha la funzione di presentare l’artista: la sua vita, raccontata da Annigoni stesso durante un’intervista per il canale Rai, e le sue opere, tutte raccolte in una monumentale monografia con un’originalissima legatura artigianale in legno pregiato e pelle che, posta su un alto leggio, dà l’opportunità al visitatore di familiarizzare con le opere che ritroverà successivamente durante il percorso.

Il criterio espositivo scelto per questa sala permette di porre l’accento sul sodalizio tra Abdone Croff e Pietro Annigoni ma anche di confrontare le diverse opere del nostro artista appartenenti alle due fondazioni, esaltando le corrispondenze cronologiche e tematiche tra le due differenti raccolte, motivo da cui è scaturita l’idea della collaborazione.

Superato l’atrio, la seconda sala si concentra unicamente sull’esposizione di opere appartenenti a collezionisti privati alcune delle quali, come si è già detto, sono mostrate al pubblico per la prima volta. A queste opere inedite, anche se chiaramente indicate nel pannello esplicativo, si sarebbe dovuto dare un maggior risalto rispetto a quelle già esposte in precedenti occasioni, differenziandole con qualche accorgimento nell’allestimento. Tra le tante singolarità, anche un dipinto astratto attira la nostra attenzione: una composizione a tecnica mista realizzata solo con campiture di coloro nero, rosso e celeste, un’opera che attesta la volontà del Maestro di cimentarsi con l’astrattismo.

Le poche opere facenti parte della collezione permanente della Cassa di Risparmio di Firenze, lì normalmente esposte, contribuiscono a disturbare visivamente il percorso espositivo, come il monumentale paesaggio di Niccolò Cannicci, mortificato e nascosto senza successo dal ritratto imponente della Baronessa Stefania Von Kories.

La grande poliedricità di Annigoni nell’utilizzo delle diverse tecniche artistiche viene ribadita nell’ultima sala, il cui spazio è destinato ad accogliere i numerosi ritratti delle persone più vicine all’artista: dalla tecnica mista per i ritratti dei figli Benedetto e Ricciarda, al ritratto in lapis della madre Teresa. Le opere esposte nella sala dove sono raggruppate le testimonianze familiari, permettono al visitatore di immergersi per un attimo nella vita privata del Maestro, ripercorrendo le sue giornate trascorse anche andando in bicicletta o le sue serate in compagnia della figlia che, come dimostra una testimonianza fotografica, usava intrattenere i suoi familiari suonando l’arpa.

Esaustiva in tutte le sue sfaccettature, la mostra arricchisce le informazioni in possesso di un visitatore già esperto. Infatti, priva di cartelli in lingua inglese e di audio guide, non riesce ad attirare un pubblico più ampio che pure ogni giorno affolla via Bufalini.

Per maggiori informazioni visitare il sito: http://www.firenzepost.it/2013/10/20/pietro-annigoni-opere-inedite-in-mostra-a-firenze/

Matthias Corvinus and Florence. Art and Humanism in the court of the king of Hungary

By Silvia Zanella (University of Florence)

On the occasion of the Year of Italian Culture in Hungary and the Hungarian Culture in Italy, the SanMarcoMuseum hosts an exhibition centered on the figure of Matthias Corvinus, the King of Hungary at the time of Lorenzo the Magnificent, to illustrate the relationship between the two countries. The exhibit, which is open from October 10, 2013 to January 6, 2014, allows you to immerse yourself in the path of cultural consonance in the evocative setting of the Library of Michelozzo in the Convent of San Marco.

The architectural setting of the show is perfect for introducing the dominant theme: Humanism.

The parallelism of Matthias Corvinus, King of Hungary, and Lorenzo the Magnificent, Lord of Florence, are shown at the start of the exposition in mirror images: on the wall to the left of the visitor is presented with Lorenzo, while on the right wall, Matthias. The exhibition is divided into sections and each personality has similar works of art that are proof of their analogous tastes.

The space of the library of Michelozzo combined with the jaunting columns aid in subdividing the room into naves. They appear to adjust the setting particularly for a Renaissance themed exhibit. The lighting is warm and soft, and the elegant shade of the color of the carpet and panels help create a welcoming atmosphere for the visitor. Renaissance music accompanies the visitor through the journey nicely.

The exhibition is divided into several sections that which are already visually distinguishable at first glance due to the fan shaped arranged panels. The columns of the hall seem to multiply by the use of mirrors placed behind these structural elements.

The first iconographic section presents the two protagonists through captions (in Italian and English) that illustrate their domains through the presentation of works that face in the mirror.

A later section is dedicated to the birth of Humanism in Buda [Pest] that which is dedicated to Sigismund of Luxembourg, who is the predecessor of Matthias. The arrival of Pippo Spano, born in village near Florence, who becomes the Hungarian treasurer, and with this role he helped foster the cultural and commercial relationship of the two cities.

Moving into the third section, it dedicated the construction of the Castle of Buda, now destroyed, but originally built in the Renaissance style, of which some fragments are shown. Inside the castle there was a fountain and here some fragments are shown as well. The fragments of the fountain express the correspondence with the decorative motif of the marble fountain by Antonio Rossellino and Benedetto da Maiano which was in the Garden of the Palace of Lorenzo de ‘ Medici in Via Larga (the fountain today is at Palazzo Pitti and is recalled with the use of a reproduced image displayed in the exhibition). This comparison again highlights the free will of the Hungarian Kings to use Florence as a model.

Continuing to follow the course of the exhibition the focus is then captured by the square showcase which houses the marble bust of Beatrice of Aragon, wife of Matthias. The bust was made by Laurana, and because it is well lit, it stands out in the subdued shades of the room.

The visitor can inspect the contents of the libraries that the two nobles had created. Extraordinarily, they have the same titles. The texts are compared within two cases that face one another. The height of the case and the inclination of the glass allow close observation, but are not disturbed by glare.

Finally, there is a video presentation of the exhibition that explains how this project came about and illustrates the show in parts. It is subtitled in English. However, because of its location and the low audio to avoid interference with the music and is sacrificed and barely visible.

“Matthias Corvinus and Florence. Art and Humanism in the Court of the King of Hungary ” is at the same time a didactic, as well as conversational and solemn exhibit because it sheds light on a little-known cultural exchange for the general public. The color of the lighting is done well and evokes emotions and atmospheres from fifteenth-century court.

For more information visit the website: http://www.polomuseale.firenze.it/mostre/mostra.php?t=52405b70f1c3bc880e000127

 

Mattia Corvino e Firenze. Arte e Umanesimo alla corte del re d’Ungheria

In occasione dell’Anno della Cultura Italiana in Ungheria e della cultura Ungherese in Italia il Museo di San Marco ospita una mostra incentrata sulla figura di Mattia Corvino, Re d’Ungheria al tempo di Lorenzo il Magnifico, per illustrare i numerosi legami fra i due Paesi. Dal 10 ottobre 2013 al 6 gennaio 2014 è possibile immergersi in questo percorso di consonanze culturali nella suggestiva ambientazione offerta della Biblioteca di Michelozzo all’interno del Convento di San Marco.

La cornice architettonica della mostra è perfetta per introdurre il tema dominante: l’Umanesimo.

Il parallelismo tra Mattia Corvino, Re d’Ungheria, e Lorenzo il Magnifico, Signore di Firenze è mostrato, all’inizio del percorso espositivo, da un allestimento speculare: sulla parete alla sinistra del visitatore viene presentata l’immagine di Lorenzo, mentre su quella destra quella di Mattia. La mostra è divisa in sezioni e per ciascuno dei due personaggi sono esposte opere che fanno comprendere i loro comuni gusti artistici.

Lo spazio della biblioteca michelozziana con le sue colonne slanciate e la suddivisione in navate, appare particolarmente adatto all’allestimento di una mostra a tema rinascimentale. L’illuminazione, calda e soffusa, e le tonalità eleganti dei colori della moquette e dei pannelli contribuiscono a creare un’atmosfera accogliente per il visitatore.

Brani musicali di epoca rinascimentale accompagnano gradevolmente il pubblico nel corso della visita.

La mostra si sviluppa in varie sezioni facilmente individuabili già ad un primo sguardo grazie a pannelli disposti a ventaglio. Le colonne della sala sembrano moltiplicarsi grazie all’uso di specchi posti dietro di esse. 

La prima sezione, iconografica, è volta a introdurre i due protagonisti tramite didascalie (in italiano ed in inglese) che illustrano i loro domini e la presentazione di opere che si fronteggiano, in modo speculare.

Un’altra sezione è dedicata alla nascita dell’Umanesimo a Buda con Sigismondo del Lussemburgo, predecessore di Mattia, e l’arrivo di Pippo Spano, originario di un paese vicino Firenze, che divenne tesoriere ungherese e favorì le relazioni culturali e commerciali tra le due città. Ne segue una terza sulla costruzione del castello di Buda, ormai distrutto, in stile rinascimentale, di cui vengono mostrati alcuni frammenti. All’interno del castello era presente una fontana, di cui sono esposti due frammenti che mostrano delle corrispondenze coi motivi decorativi della fontana marmorea concepita da Antonio Rossellino e Benedetto da Maiano per il Palazzo Medici di Via Larga (fontana che oggi è conservata a Palazzo Pitti ed è evocata in mostra tramite una riproduzione fotografica). Questo confronto permette di sottolineare ancora una volta la volontà dei re ungheresi di prendere Firenze come modello.

Continuando a seguire il percorso della mostra, l’attenzione viene poi catturata da una teca quadrata in cui è esposto il busto marmoreo di Beatrice d’Aragona, moglie di Mattia e mecenate ella stessa, eseguito dal Laurana: questa essendo ben illuminata, risalta nell’atmosfera soffusa della sala.

Nella zona centrale una serie di codici permettono di indagare il contenuto delle biblioteche che i due Signori avevano creato e che straordinariamente mostrano gli stessi titoli. In due teche che si fronteggiano sono messi a confronto alcuni testi. L’altezza di entrambe e l’inclinazione del vetro permettono un’osservazione ravvicinata dei codici, non disturbata da fastidiosi riflessi.

Infine, dietro l’ala di un pannello posto a ventaglio, si proietta un video di presentazione della mostra in cui si illustrano le varie sezioni e si spiega come è nato il progetto. Il video è sottotitolato in inglese permettendo una fruizione anche agli stranieri. Tuttavia, a causa della sua collocazione e dell’audio tenuto basso per non interferire con la musica che già accompagna il visitatore lungo il percorso, risulta sacrificato e poco visibile.

“Mattia Corvino e Firenze. Arte e Umanesimo alla corte del re d’Ungheria” è una mostra didattica che, in modo discorsivo e solenne al tempo stesso, getta luce su uno scambio culturale poco conosciuto dal grande pubblico. Ben utilizzate sono l’illuminazione ed i colori, capaci di suscitare emozioni ed atmosfere da corte quattrocentesca.

Per maggiori informazioni consultate il sito: http://www.polomuseale.firenze.it/mostre/mostra.php?t=52405b70f1c3bc880e000127

Izis The Poetry of Fotography

By Daniela Quadrelli (University of Florence)

“It is often said that my pictures are not realistic. They are not realistic but it is my reality, ” Izis.

Ending on the 6th of January 2014, and is on display at the National Alinari Museum of Photography in Florence. The exhibition is dedicated to Izis (an artistic pseudonym for Israelis Bidermanas 1911-1980) who is recognized by critics as one of the leading exponents of “humanist” French photography aside from Cartier-Bresson, Atget, Doisneau, and shows that there was an appreciation on Italian soil, after its debut in Paris.

Izis immigrated to Paris when he was thirty years of age, to follow his dreams of freedom, equality, and culture. Bidermanas soon became a photographer of the everyday. His eye and his soul immerse themselves poetically in reality, giving us rare depths. Izis’ favorite subjects including humble and simple moments of life that are not diluted by the cold and misty, but rather a visual documentary combined with personal poetry.

The body of images on display are divided into six thematic sections, contained in a simple and basic construction, and consist of simple white panels; a minimalist choice aimed at not breaking the “scene” but rather staying on the sidelines, where this succeeds well in the difficult task to “speak” when shooting in black and white. The organization of the subdivision by topics instead is incomplete from the point of view of history: by fragmenting the path in areas you lose the chronological order and thus the artistic evolution of the photographer.

The simplicity of construction is noticeable in the captions, which presents only the date, title, and the simplicity is noticeable also within the text panels. The latter introduces the different sections without exceeding the length and this is advantageous because it allows the ability to include the text in Italian and English.

In “Paris of Dreams” the objective of Izis settles on the “little things”: glimpses of life on the banks of the Seine, groups of workers sleeping, and children caught in the wild. In “London of Dreams (1952-53)” it shows the tragedy of World War II through the ruins and empty spaces, as in the image of an old abandoned carousel.

Izis has an eye that looks at the problems of humanity; therefore, he often focuses on marginalization as in the series “Circus of Dreams”. When depicting subjects in the circus world, the photographer returns due dignity by showing all their innocence and naivety.

In addition to the poetry, we can see a certain attention to the formal and tonal contrast that make Izis an all-round artist; he is able to combine a personal translation of reality into clever composition.

Examples are: “In the courtyard, 225, rue d’Alesia 1947″ where the white cloth hangs in folds falling over a curved parapet impedes a triangular shadow, and “On the banks of the Seine, Petit Pont, Paris, s.d.” the shapeliness of the woman’s legs fit well in relation to the front of the geometric step.

The tour ends with the biography of the artist. Generally it is placed at the beginning of the show, but reveals here the marginal value assigned to it by the editors who seem to want to ignore the understanding of the historical chronology within the artistic development of Izis. It finishes with the documentary film “Aperçus d’une vie”, which is otherwise hidden from the visitors. It is in the original language without subtitles; this prevents the comprehension of the video for those who do not know the French language.

The ticket to the temporary exhibition also includes the visit to the Museum’s permanent collection. Every Saturday didactive activities take place, “Dream Portraits”, aimed at children and teenagers.

For more information visit the website http://www.mnaf.it/mostre.php

 

Izis il Poeta della fotografia

“Si dice spesso che le mie fotografie non sono realiste. Non sono realiste ma è la mia realtà”,  Izis

Fino al 6 gennaio 2014 è possibile visitare presso il Museo Nazionale Alinari della fotografia di Firenze, la mostra dedicata ad Izis (pseudonimo dell’artista lituano Israëlis Bidermanas 1911-1980) riconosciuto dalla critica come uno dei principali esponenti della fotografia “umanista” francese insieme a Cartier-Bresson, Atget, Doisneau; mostra che sta raccogliendo apprezzamenti anche in terra italiana, dopo il suo debutto a Parigi.

Immigrato nella Parigi degli anni Trenta per seguire i sogni  di libertà, di uguaglianza e di cultura, Bidermanas diventa ben presto un fotoreporter del quotidiano. Il suo occhio e la sua anima si immergono poeticamente nella realtà, consegnandoci sguardi dalla profondità assai rara. I soggetti prediletti sono momenti di vita umile e semplice, che non vengono minati da una visione fredda e documentaristica ma piuttosto velati di una personale poesia.

Il corpus delle immagini esposte si articola in sei sezioni tematiche, inserite in un allestimento sobrio ed essenziale, formato da semplici pannelli bianchi; un scelta minimalista per non irrompere sulla “scena” ma piuttosto rimanere in disparte, riuscendo bene nella difficile impresa di far “parlare” gli scatti in bianco e nero. L’operazione della suddivisione per temi risulta invece manchevole dal punto di vista storico: frammentando il percorso in aree tematiche si perde l’ordine cronologico e dunque l’evoluzione artistica del fotografo.

L’essenzialità dell’allestimento si  nota anche nelle didascalie, che presentano solo la data e il titolo, ed nei pannelli esplicativi. Questi ultimi introducono le diverse sezioni senza eccedere nella lunghezza e con il pregio di riportare il testo sia in italiano che in inglese.

Nella sezione “Sogni di Parigi” l’obbiettivo di Izis si posa sulle “piccole cose” e sui particolari, squarci di vita sulle rive della Senna, come i gruppi di lavoratori dormienti o i bambini colti in pose spontanee; se qui traspare un sentimento quieto,  in “Sogni di Londra (1952-53)” emerge la tragicità della seconda guerra mondiale attraverso le rovine e gli spazi vuoti, come nello scatto di una vecchia giostra abbandonata.

Un occhio dunque che guarda ai problemi dell’umanità soffermandosi spesso sugli emarginati come nella serie “Sogni di Circo”. Ai soggetti del mondo circense il fotografo restituisce la dovuta dignità mostrando tutta la loro innocenza ed ingenuità.

In aggiunta alla resa poetica si nota una certa attenzione al contrasto tonale e formale che fanno di Izis un artista a tutto tondo, capace di unire una personale traduzione della realtà ad una sapiente composizione. Ne sono un esempio “In cortile, 225, rue d’Alésia 1947” dove i bianchi panni appesi cadenti in pieghe ricurve vanno a contrastare un parapetto triangolare in ombra e “Sulle rive della Senna, Petit Pont, Parigi, s.d.” dove  le formosità delle gambe di una donna ben si inseriscono in rapporto alla fronte geometrica di uno scalino.

Il percorso si conclude con la scheda biografica dell’artista. Quest’ultima generalmente collocata all’inizio di un mostra, rivela qui il valore marginale attribuitogli dai curatori, i quali sembrano di nuovo voler tralasciare la comprensione storico-cronologica del percorso artistico di Izis. Per finire il film-documentario “Aperçus d’une vie”, di cui non è ben indicata la locazione, in lingua originale e senza sottotitoli; fatto quest’ultimo che impedisce la comprensione del video da parte di tutti coloro che non conoscono la lingua francese.

Il biglietto è comprensivo della visita alla collezione permanente del Museo ed in occasione della mostra ogni sabato si svolge l’attività didattica “Ritratti da Sogno” rivolta a bambini e ragazzi.

Per maggiori informazioni visitare il sito http://www.mnaf.it/mostre.php

Casa Buonarroti

By Serge Larocque (Marist College & Istituto Lorenzo de’ Medici)

 

The Casa Buonarroti is a museum that presents itself as an institution which attributes equal importance to all its pieces. Many questions come to mind when hearing such a claim. The following lines address this statement, by putting emphasis on certain objects and areas within the museum.

The museum’s collection is culturally and artistically important. However, it is clear that certain pieces are more important and popular than others. This museum is fortunate enough to own and display rare and important works by Michelangelo.  The name Michelangelo is enough to draw a crowd to any museum, as is the case for Michelangelo’s David, which is currently housed in the Galleria dell’Accademia in Florence, Italy. The Casa Buonarroti is no exception to this. It is undeniable that their Michelangelo collection is their most important asset for attracting visitors.

In the museum there is a room entirely dedicated to Michelangelo’s Madonna of the Stairs and his Battle of the Centaurs. There is also another room dedicated entirely to Michelangelo’s design for the San Lorenzo facade and his unfinished sculpture, the River God. The Casa Buonarroti also houses a room called Camera della notte e del di, which houses the Stories of St. Nicholas, by Giovanni di Francesco, along with many other works by various artists. The rooms showing Michelangelo’s pieces are almost completely bare; they only exhibit the pieces themselves with explanatory panels on the walls.  In contrast, the rooms showing other artists’ works are full of art and precious pieces. The walls of the Michelangelo rooms are bare; the visitor’s attention can only be trained on the art objects displayed. In the other rooms of the museum, visitors are confronted with dense clusters of artworks, thus forced to constantly see art without being able to easily focus on specific pieces. Many of the Michelangelo pieces displayed in the museum are small enough to fit in the exhibition rooms that display works by other artists. If a visitor comes to the museum for the sole purpose of seeing Michelangelo’s Madonna of the Stairs, but if it were it placed among works by other artists, it would ensure that the visitor spends more time in the museum, and would take in all the pieces the museum has to offer.

The Casa Buonarroti houses many artistic treasures and pieces of cultural, artistic and historical importance. The fact that Michelangelo’s important works are set apart in rooms to themselves suggests that the museum considers them more important than the rest. Since Michelangelo’s works are presented in bare rooms, with no other distractions, the visitor can focus entirely on the pieces at hand.  Unfortunately, the same cannot be said about pieces by other artists that are on display in the museum. These pieces are scattered throughout the exhibition rooms and are not given the same curatorial attention as the pieces by Michelangelo.  One can argue that the Casa Buonarroti would greatly benefit from emphasizing the cultural, artistic and historical importance of their other collections, by exhibiting them alongside works by Michelangelo.

For more information visit the website: http://www.casabuonarroti.it/it/

 

Casa Buonarroti

Il Museo di Casa Buonarroti si presenta come un’istituzione capace di attribuire la medesima importanza a tutti gli oggetti facenti parte della sua collezione. Dopo aver ascoltato una tale affermazione, sorgono molte domande. Nelle righe seguenti si cercherà di affrontare la questione, ponendo l’attenzione su alcuni oggetti e aree del museo.

La collezione di Casa Buonarroti è rilevante sia dal punto di vista culturale che artistico. Ciononostante è chiaro come alcuni pezzi siano più importanti e famosi di altri. Infatti il museo possiede rare e importanti opere di Michelangelo, il cui nome è sufficiente a far accorrere una folla di visitatori, come nel caso della Galleria dell’Accademia dove è conservato il David. Il museo di Casa Buonarroti non fa eccezione a questa regola ed è innegabile come la sua collezione di opere di Michelangelo sia la maggiore risorsa per attrarre visitatori.

All’interno del museo si trova una sala dedicata interamente alla Madonna della Scala e alla Battaglia dei Centauri, entrambe opere di Michelangelo, e un’altra in cui sono esposti i disegni da lui realizzati per il completamente della facciata della chiesa di S. Lorenzo e la scultura non finita di un Dio Fluviale.

Nel museo si trova anche una sala denominata Camera della Notte e del Dì che mostra le Storie di San Nicola di Giovanni di Francesco, insieme ad altre preziose opere di vari artisti.

Le stanze adibite ad ospitare le opere di Michelangelo sono quasi vuote: esse contengono, oltre naturalmente ai lavori del maestro, solo i pannelli esplicativi accostati alle pareti, contrariamente alle altre sale dove sono esposte numerose opere d’arte.

Le sale dedicate a Michelangelo sono spoglie in modo che l’attenzione del visitatore sia concentrata tutta sui suoi capolavori, mentre nelle altre il pubblico entra in contatto con un gran numero di opere d’arte, a cui rivolge uno sguardo superficiale, poiché non gli è permesso di porre la sua attenzione su una in particolare.

Molte delle opere di Michelangelo sono piccole abbastanza da poter essere trasferite nelle sale che espongono anche i lavori di altri artisti; se ciò avvenisse, il visitatore che si reca al museo solo per vedere la Madonna della Scala, trovandola posta in mezzo ad opere di diversi autori, potrebbe essere invogliato a trascorrere più tempo all’interno del museo, prendendo visione di tutti i pezzi che esso possiede.

Casa Buonarroti contiene molti tesori e oggetti di importanza culturale, artistica e storica. Il fatto che le opere di Michelangelo siano mostrate isolate, in sale apposite e spoglie, dove non esiste nessun elemento che possa distrarre il visitatore, significa che queste sono considerate più importanti delle altre. Sfortunatamente lo stesso non si può dire a proposito di tutte le altre opere presenti nel museo. Queste sono sparpagliate per tutte le sale senza che gli sia data la stessa attenzione che si riserva alle opere del maestro.

In conclusione, si può dire che il museo di Casa Buonarroti trarrebbe vantaggio nel sottolineare l’importanza culturale, artistica e storica anche delle sue “altre” collezioni, esponendole vicino al corpus delle opere di Michelangelo.

Per maggiori informazioni visitare il sito: http://casabuonarroti.it/it/

Il museo del figurino storico a Calenzano

By Lucia Socci (University of Florence)

In the heart of the medieval city of Calenzano is the Museo del Figurino Storico (Museum of Historical Figurines), better known as the Museo del Soldatino (Museum of the Toy Soldier), which through a fusion between historical research and modeling, aims to trace our past through the display of toy soldiers. The entrance to the museum is easily reachable thanks to many traffic signs, and the museum is free and accessible for the disabled.

Upon entering, the exhibition pathway is clearly discernable through the architectural environment. It is a single floor divided into two rooms creating a circular route. There is a map on the immediate right of the first room that illustrates the breakdown of the seven sections of the museum. Passing through the first room we are immersed in the world of modeling: numerous text panels, integrated with graphic representations. These panels show us analytically the history of modalism, while an entire case is dedicated to the exposition of the various fazes of the realized toy soldiers. It is a way to explain to the visitor how the toy soldiers are constructed.

The other sections retrace the eras, which characterize the history of Calenzano, without neglecting the general historical context. We meet the ancient roman world, the medieval age, the epoch of Napoleon, Risorgimento, and the twentieth century. In the second room we find a section entirely dedicated to World War II.

Every section is characterized by the exposition of the toy soldiers that are produced contemporarily for the museum specifically, and are dressed up in costumes based on the different eras that were just described. There are also entire armies and battle recreations that are represented in cases and are accompanied by detailed text panels describing the historical events that are clearly visible. Unfortunately, the text panels are only in Italian, however, there are exhibit booklets available in English. At the end of the first room, there are two computers that give information on the museum and contain a three dimensional reconstruction of Medieval Calenzano.  This reconstruction was made possible thanks to the research and the studies by the curator of the museum.

The second room immerses the visitor in the period of the Second World War, with particular attention to theGothic Line (part of the Italian Campaign in WW2 defenses against the Nazi Army to protect Northern Italy) and the Resistance; including mannequins dressed in military uniforms carrying weapons. The toy soldiers were produced contemporarily specifically for the museum to display. Included in this room are clippings of the front pages of newspapers during that historical time.

At the end of the exhibit there is a guest book for the visitors to sign, and also a questionnaire where the viewers are asked to give their opinion about the museum. This is an instrument that witnesses the attention that the curators give to the museum educational aspect.

The illumination of the cases is ensured by the use of spotlights that are positioned on the top of the inside of the cases, and by natural light from outside.

The museum also includes a small space used as a bookshop.

The labels offer brief descriptions of every object include information in chronological order and there are also very detailed text panels. All of this makes it possible to create a route through the museum that is easily comprehendible and appreciable by people who are not experts.

The collaboration with the Museo Stibbert, the Soprintendenza Archeologica della Toscana and the University of Florence and Siena, recent donations, the collection of Guglielmo Maetzke who is a famous Florentine archaeologist who passed away in 2008, confirm the high level reach of this Calenzanese institution.

Notwithstanding, the environment is small; the Museo del Figurino Storico succeeded in emphasizing their collections through correctly displaying the objects, and by offering a lot of supportive material for visitors.

For more information visit the website:

http://www.museofigurinostorico.it/A.html

 

Il museo del figurino storico a Calenzano

Lucia Socci (Università di Firenze)

Nel cuore dell’antica città medievale di Calenzano sorge il Museo del Figurino Storico, meglio conosciuto come il Museo del Soldatino che, attraverso un’ottima fusione fra ricerca storica e modellismo, si propone di ripercorrere il nostro passato attraverso l’esposizione di soldatini.

L’ingresso al museo, facilmente raggiungibile grazie alle numerose indicazioni stradali presenti, è gratuito e garantito anche ai diversamente abili.

Una volta entrati, il percorso espositivo si delinea perfettamente, sia per l’architettura dell’ambiente, composto da un unico piano diviso in due sale, sia grazie ad una piantina che troviamo immediatamente sulla nostra destra e che illustra chiaramente la suddivisione delle suddette sale in sette sezioni.

Percorrendo la prima sala veniamo subito proiettati nel mondo del modellismo: numerosi pannelli esplicativi, integrati da rappresentazioni grafiche, ce ne illustrano in modo analitico la storia, mentre un’intera teca è dedicata all’esposizione delle varie fasi di realizzazione dei soldatini.

Le altre sezioni ripercorrono le epoche che hanno segnato la storia di Calenzano, senza tuttavia trascurare il contesto storico generale: incontriamo il mondo antico, il Medioevo, l’Età Napoleonica, il Risorgimento e il Novecento; mentre accedendo alla seconda sala troviamo uno spaccato interamente dedicato alla Seconda Guerra Mondiale.

Ogni sezione è caratterizzata dall’esposizione di soldatini di produzione contemporanea, ma abbigliati secondo l’epoca che si intende illustrare, di interi eserciti e battaglie ed infine da pannelli esplicativi ben visibili e molto dettagliati, che descrivono l’evento storico. Questi purtroppo sono redatti solo in italiano, al contrario dei dépliants illustrativi, disponibili anche in lingua inglese.

Al termine della prima sala troviamo due computer che, oltre a fornire informazioni sul museo, permettono anche un’interessante visita virtuale in 3D della Calenzano medievale, resa possibile grazie alle ricerche e agli studi realizzati dai curatori del museo.

La seconda sala ci permette di immergerci nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, con una particolare attenzione alla Linea Gotica ed alla Resistenza: qui sono esposti manichini con armi e uniformi militari del tempo, soldatini di produzione contemporanea ma vestiti ed equipaggiati come i soldati che parteciparono alla Seconda Guerra Mondiale, e le prime pagine dei giornali dell’epoca.

Al termine del percorso espositivo, oltre al registro delle presenze, troviamo un questionario da compilare in cui il visitatore è chiamato a dare un giudizio complessivo sul museo; altro aspetto che testimonia l’attenzione con cui viene curato questo luogo di istruzione.

L’illuminazione è garantita da dei faretti posizionati sulle pareti e all’interno delle teche, nonché dalla luce proveniente direttamente dalle finestre.

Per quanto concerne i servizi aggiuntivi, è da sottolineare anche la presenza di un piccolo spazio adibito a bookshop.

La presenza di cartellini, contraddistinti da una sintetica descrizione per ogni oggetto, l’ordinamento cronologico e i pannelli illustrativi così minuziosamente dettagliati, fanno sì che il percorso museale sia facilmente comprensibile ed apprezzabile anche dai non esperti del settore, come dimostra il crescente aumento delle visite al museo negli ultimi anni.

La collaborazione con il Museo Stibbert, la Soprintendenza Archeologica della Toscana e le Università di Firenze e Siena, nonché la recente donazione, voluta dalla famiglia, della collezione di Guglielmo Maetzke, un noto archeologo fiorentino deceduto nel 2008, non fanno altro che confermare l’alto livello raggiunto da questa istituzione calenzanese.

Nonostante l’ambiente sia piccolo, il Museo del Figurino Storico riesce a valorizzare al massimo le proprie collezioni attraverso adeguate scelte espositive e numerosi supporti alla visita che permettono una completa comprensione del percorso museale.

Per maggiori informazioni consultare il sito http://www.museofigurinostorico.it/A.html

Unstable Territory. Borders and Identity in Contemporary Art Exhibition CCC Strozzina, Palazzo Strozzi

 

By Maria Rosa Centimiglia (University of Florence)

The exhibit “Unstable Territory” is curated by Walter Guadagnini and Franziska Nori, and was opened on 11 October 2013 by il Centro di Cultura Contemporanea and will close to the public on 19 January 2014.

The exhibit offers the viewers a chance to reflect on the concept of borders and identity. The concept is underlined the subtitle, and these are the keywords to understanding the pathway through the exposition. Borders are intended to be an obstacle that one must overcome and they can also be meant as protective barriers. The borders can be territorial, cultural, or mental; but these cultural identities today are difficult in our world due to all of the social contamination and global migration.

The ten international artists presented in the exhibit try to explain their relationship with territory through videography, installation and photography. They identify their status as nomadic travellers who are always searching for far, distant places where they can find themselves.

The exhibit begins at the façade of the monumental Palazzo Strozzi where our gaze is immediately attracted to the unstable construction made of wood by the Japanese artist Tadashi Kawama. This artist presents a “tree house” and not only is there one on the façade, but there is also a second constructed in the courtyard of the palazzo. With these “tree houses” the artist wants the viewers to realize the sense of insecurity and instability, which will be the dominant sensation of the entire exposition.

The connection between the stable architecture of the palazzo and the ephemeral art, is repeated by the artist, Tadashi Kawama, in his principal work created specifically for the main room of the Strozzina. Here the grandiose doors that were recovered from the warehouse of the palazzo overwhelm us. The doors are no longer used for their original function and now they are not presented in their original horizontal orientation, but vertically. Due to this, the visitors who pass through this room tend to not to notice the installation, and walk underneath. Once again, this instillation invites the public to reflect on the uncertainty of the future.

The comprehension of the works, the message of the artists, and the general theme is guaranteed by the presence of the exhaustive explicative panels both in English and in Italian. The panels, however, are positioned in the corner of the entrance of each room. This produces a flood of people near the entrance, which creates obstacles between the rooms and prevents some visitors from reading the panels.

Besides the visual involvement given by the presence of many “documentaries”, there are also old newspaper clippings from the Italian duo Niccolo Benetton e Simone Santilli. There is a video installation that has six channels by the Irish artist Richard Mosse, and this installation involves us not only visually but also emotionally. It includes an audio system that allows the viewers to immerse themselves in the destabilizing atmosphere. The visitor is forced to sit down on the floor because the exhibit does not offer chairs. The visitor’s gaze is concentrated on multifocal landscape and the viewer is forced follow all six screens simultaneously. Richard Mosse’s exhibit represents a war theatre that involves the civil population in the Congo.

Moving between the different categories of the works on display, those that remain create sensations of discouragement, emptiness, and disorientation, which leaves us without answers in front of a very instable reality. The exhibition stimulates the reflections revealed to each viewer and upon leaving the palazzo, the visitor is overwhelmed with incessant questions that are necessary instruments to understanding our territory in an absolutely different way.

The Strozzi foundation makes it possible to access the exhibition free on Thursday’s from 18:00 to 23:00, and this free entrance is enriched by an interesting conference on the themes described in the exhibit. The Strozzi Foundation, in partnership with the Odeon Cinema, organize a showing of a free film that is bound to the exhibition in the Strozzina and can be seen on Tuesday’s at 20:30.

For more information visit the website:

http://www.strozzina.org/en/exhibitions/territori-instabili/

 

“Territori Instabili” . Confini e identità nell’arte contemporanea. Mostra CCC Strozzina, Palazzo Strozzi

Maria Rosa Ventimiglia (Università di Firenze)

La mostra “Territori Instabili” curata da Walter Guadagnini e Franziska Nori, è stata inaugurata l’11 Ottobre 2013 presso il Centro di Cultura Contemporanea e rimarrà aperta al pubblico  fino al 19 Gennaio 2014.

La mostra propone allo spettatore una riflessione sui concetti di confine e identità; concetti già presenti nel sottotitolo della mostra e che diventano parole chiave per la comprensione di tutto il percorso espositivo: confine inteso come ostacolo da superare o come barriera protettiva, un confine che può essere territoriale, culturale o mentale; identità letta come appartenenza culturale, difficile nel mondo di oggi sempre più caratterizzato dalla contaminazione sociale, digitale e dallo straordinario sviluppo della mobilità globale.

I dieci artisti internazionali presenti alla mostra, attraverso opere video, installazioni e fotografie, ci parlano della loro personale relazione con il territorio, del loro status di nomadi viaggiatori sempre alla ricerca di luoghi distanti e immensi dove poter ritrovare se stessi.

Il percorso espositivo comincia già dalla facciata del monumentale Palazzo Strozzi dove il nostro sguardo viene subito attratto dall’instabilità di una costruzione in legno dell’artista giapponese Tadashi Kawama, che presentando le sue “capanne sull’albero” sia all’esterno che all’interno del cortile del palazzo, ci permette di intuire quel senso di insicurezza e, appunto, di instabilità che sarà poi la sensazione dominante dell’intera esposizione.

La connessione tra la stabile architettura del palazzo e l’opera effimera, viene ribadita dall’artista anche nel suo lavoro principale creato appositamente per la sala maggiore dell’edificio dove la nostra testa è sovrastata dalle maestose porte recuperate dai magazzini del palazzo, non più destinate ad assolvere la funzione originale in verticale ma qui presentate orizzontalmente sul soffitto della sala. Proprio per questo motivo, i visitatori, dominati dall’euforia di scoprire le altre sale del museo non si accorgono nemmeno di camminare “sotto” un’installazione, che ancora una volta vuole invitare il pubblico a riflettere sulla precarietà e l’incertezza del futuro.

La comprensione delle opere, del messaggio dell’artista e della tematica generale viene garantita dalla presenza di esaustivi pannelli esplicativi, scritti sia in inglese che in italiano, ma posizionati nell’angolo di ingresso di ogni sala con l’ovvia conseguenza di creare un flusso di persone che ostacolano il passaggio da una sala all’altra, impedendone la lettura.

Oltre a un coinvolgimento visivo dato dalla presenza di molte opere “documentarie”, come i ritagli di giornali d’epoca del duo italiano Niccolò Benetton e Simone Santilli, l’installazione video a sei canali dell’artista irlandese Richard Mosse ci coinvolge, oltre che visivamente, anche emotivamente grazie ad un sistema audio che ci permette di immergerci in un atmosfera destabilizzante. Il visitatore, costretto a sedersi per terra per la mancanza di sedute, costringe il suo sguardo ad un paesaggio multifocale, ad uno scambio visivo tra i diversi schermi che rimandano simultaneamente al teatro di guerra vissuto dalla popolazione civile del Congo.

Spostandoci tra le diverse categorie di opere esposte, quel che resta è una sensazione di sconforto, di vuoto, di spaesamento che lascia senza parole e senza risposte di fronte ad una realtà  così “instabile”. La mostra stimola la riflessione, rivelando ad ogni visitatore un nuovo punto di vista seguito da incessanti domande che, una volta abbandonata la sede del palazzo, giungono a noi come strumenti indispensabili per guardare il nostro territorio in modo assolutamente nuovo e diverso.

La fondazione Strozzi rende possibile l’accesso gratuito alla mostra il Giovedì dalle 18.00 alle 23.00 e organizza interessanti interventi sulle tematiche presentate. Inoltre, è bene ricordare che la stessa Fondazione Strozzi, in collaborazione con il cinema Odeon, organizza la proiezione di film gratuiti legati alla mostra in corso alla Strozzina ogni martedì alle 20.30.

Per maggiori informazioni consultare il sito http://www.strozzina.org/exhibitions/territori-instabili/

Museo Nazionale della Fotographia Alinari: Permanent Tactile Exhibition

By Chelisse Perry (LdM Institute)

The Alinari Museum opened to the public in 2006, and houses a permanent collection pertaining to the history of photography in Florence and greater Italy. The museum contains over five million photographs. They are spread between the permanent collection and the archives.  The museum situated in Piazza Santa Maria Novella, organizes tactile and ‘touch tours’ for the blind and visually impaired. In the foyer of the museum, on a small platform there are two tactile maps of the layout of the museum, meant for the blind to feel before entering into the exhibition. The visitors then pass through the first room, which is always used for temporary exhibitions. However, the temporary exhibits do not accommodate the blind. In order to move through the museum safely, the walls are lined with thin metal handrails, meant to guide the visually impaired through the rooms. Along the floor accompanying the handrails are grip tape strips that also guide the blind along their tour.

After moving through the temporary exhibit, the visitors enter the chronologically organized permanent collection. Spotlights dramatically illuminate photographs in glass cases while the room remains dark. The room begins with the oldest form of photography and gradually progresses into more recent ffilm technologies. The tactile images that accompany the silver-plating technique (the oldest form of photography) are arranged with a text panel written in Italian that is then overlaid with a clear braille cover. To the right of the text are panels representing the layers of the image. In the case of portraiture, a mold of the frame is created and then a relief of the figure is placed adjacently. The description of the image in braille is there to aid the blind visitor in understanding what they are experiencing.

Further through the exhibit, tactile examples begin to change. They include a portrait of a man with a long beard, and the tactile example incorporates an enlarged version with a woolen beard. Texture, in this case, is very important for the blind visitor to understand what is on display. They can make correlations between the materials used in the tactile reliefs and what is in the actual photograph. A rocky Egyptian terrain is also transformed into a tactile representation using sands and rocks, which helps create a three-dimensional relief of the landscape. Other interesting examples include a cloud covered geometrical landscape in sharp bright colors represented in cotton and felt, and a still life photograph of a large leafed plant, and the bust of Peggy Guggenheim. As the visitors move through the two permanent exhibition rooms, they periodically experience a tactile image, an attempt at allowing someone to see with their hands. Since photography is a visual art by transforming it into a tactile medium allows the visually imparted to experience it.

A third permanent exhibition room holds negative images from large format cameras and medium format cameras. The images are displayed in a dark room and are backlit, allowing light to pass through the thin areas of the film, illuminating them in negative form. At the end of the negatives room is a short video on the history of photography in Italy. The museum represents Italian photography in two ways: first, through the Italian photographer and, secondly, through Italian subject matter. The museum, although small, is a gem and a delight for the visually impaired.

For purchase in the bookstore is a printed copy of the permanent collection catalogue in English braille and Italian braille, which includes smaller tactile images that accompany the text.

For more information visit the website:

http://www.mnaf.it

 

Museo Nazionale della fotografia Alinari: il museo tattile

Chelisse Perry (LdM institute)

Il Museo Alinari, aperto al pubblico nel 2006, ospita una collezione che ripercorre la storia della fotografia a Firenze e nel resto d’Italia. Esso possiede più di cinque milioni di fotografie, suddivise tra la collezione permanente esposta al museo, e un vasto archivio.

Il museo, situato in Piazza Santa Maria Novella, offre percorsi tattili per persone non vedenti. Appena entrati nel foyer del museo, dove sono sistemati un piccolo bookshop e la biglietteria, troviamo un oggetto molto interessante: su una piccola piattaforma sono presenti due mappe tattili che preparano i visitatori non vedenti al percorso del museo. L’ambiente successivo ospita invece le mostre temporanee; queste ultime non prevedono facilitazioni per i visitatori con disabilità visiva che invece possono muoversi con sicurezza all’interno delle restanti sale grazie ai corrimano che fiancheggiano le pareti del museo e alla presenza sul pavimento di nastri adesivi antiscivolo.

Dopo aver oltrepassato la sala dedicata alle mostre temporanee, si accede ad una sala poco illuminata, dove le fotografie sono esposte secondo un criterio cronologico; la poca luce serve ad enfatizzare ogni immagine disposta all’interno di una vetrina illuminata da un solo faretto, creando un’atmosfera adatta alla concentrazione. Il percorso della sala comincia con i più antichi esempi di fotografia per progredire gradualmente fino alle più recenti fotografie su pellicola.

Le forme tattili che accompagnano le lastre fotografiche in argento (le fotografie più antiche) sono disposte accanto a pannelli esplicativi scritti in italiano e braille. Tali forme rappresentano le varie parti di cui sono composte le fotografie: nel caso dei ritratti si è creata una copia della cornice e un rilievo della persona ritratta. Una descrizione dell’immagine, in braille, aiuta i visitatori non vedenti a capire cosa stanno toccando.

Inoltrandosi nel percorso museale, gli esempi tattili cambiano così che ci si può imbattere, ad esempio, nel ritratto di un uomo con una lunga barba, la cui immagine è stata ricreata attraverso un ingrandimento e con l’aggiunta di una barba di lana. La consistenza dei materiali, in questo caso è molto importante per le persone non vedenti che così riescono a capire cosa è esposto.

Anche un  paesaggio roccioso egiziano è stato trasformato in un rilievo tattile, utilizzando sabbia e roccia, materiali che aiutano a ricreare un’immagine tridimensionale del paesaggio.

Altri interessanti esempi riguardano un paesaggio geometrico con delle nuvole, dai coloro brillanti, riprodotto utilizzando feltro e cotone; una natura morta che raffigura una pianta dalle grandi foglie e un busto di Peggy Guggenheim.

Il visitatore non vedente, muovendosi all’interno delle due sale della collezione permanente, ha continuamente la possibilità di “toccare” un’immagine; un tentativo che permette di vedere le immagini utilizzando il tatto al posto della vista.

Una terza sala espone negativi di diverse grandezze, in base ai diversi tipi di macchina fotografica utilizzati. Questi sono ospitati all’interno di una sala buia e illuminati da dietro in modo che la luce possa passare attraverso la pellicola e far risaltare le parti in negativo. In fondo a questa terza sala viene proiettato un breve video che si può vedere stando comodamente seduti, riguardante la storia della fotografia in Toscana e nel resto d’Italia; sono previste alcune sedute.

Presso il bookstore è possibile acquistare il catalogo del museo in braille, sia in inglese che in italiano, anche all’interno di questo vi sono riprodotte delle immagini tattili che accompagnano il testo.

Per maggiori informazioni visitare il sito http://www.mnaf.it/